24 dicembre 2008
Anno bisesto …
Lo termino con un’operazione alla mano che doveva lasciarmi via dal lavoro solo 2 gg e invece saranno 15. Mi saltano le ferie, niente montagna fino a gennaio :(
E lasciamo perdere il resto. Ma tanto ve lo potete immaginare: 2 operazioni in un anno lasciano il loro bello strascico.
Bene, questo anno è finito.
La cosa positiva: ho conosciuto un sacco di gente (clienti) con cui ho fatto bellissime chiacchierate, stretto nuove amicizie, mi sono proprio divertita e sentita utile.
La cosa negativa: non avevo mai incontrato delle persone cosi cattive nell’animo. O meglio, non è vero, un paio ne avevo già incontrate, ma non ho mai “dovuto” frequentarle per forza.
Finalmente questo anno volge al termine, vi porgo i miei più sentiti auguri di un 2009 che sia il più sereno possibile e pieno di montagne :)
16 dicembre 2008
Cornizzolo – m 1.241 - 8 Dicembre 2008
Inaspettatamente una giornata libera e, ancora piu’ inaspettatamente, con uno splendido sole. Non voglio sorbirmi la coda del rientro, rinuncio a ciaspole e sci per un tranquillo Cornizzolo.
Solitario, tanta neve morbida e asciutta. Giornata fredda e tanta gente in giro … ma sui “soliti” percorsi, non sui “miei” :)
Un saluto al ragazzo incontrato in cima (ci credereste? Solo noi 2 :D ) che aveva paura degli animali del bosco (mi ha fatto una tenerezza …) ma proprio non ce la faceva ad accompagnare la morosa alla fiera dell’artigianato con una giornata cosi bella! Complimenti, continua cosi!
25 novembre 2008
Resegone dal Canalone Bobbio – m 1.877 - 23 Novembre 2008
Le 2 Paole si sono ancora fidate di me e mi hanno seguito sul Canalone Bobbio per la salita al Resegone. Alberto, maschietto aggregato, è stata una preziosa guida per la discesa e si è adattato benissimo alle chiacchiere di noi donzelle.
Giornata lunga, siamo scese con la frontale. Ho sottovalutato un pelino la salita, pensavo impiegarci un’oretta in meno ma devo dire che alla fine è andato tutto benissimo.
Giornata fredda e limpidissima.
24 novembre 2008
Moregallo dal Canalone Belasa – m 1.276 - 16 Novembre 2008
Giornata tutta al femminile e, come previsto, è andato tutto benissimo.
Sono tornata sul Canalone, lo volevo rifare ma non immaginavo di certo cosi presto.
Cosi come non immaginavo il caldo che abbiamo trovato.
Ci siamo ritrovate in 5 donzelle, tutte si sono fidate del mio consiglio di salire il Moregallo dal Belasa (che coraggio a fidarsi di me!!!) Devo dire che mi sono sembrate tutte molto soddisfatte, sia le 2 cerbiatte che ci hanno dato diverse lunghezze, che le 2 Paole con cui ho diviso le gioie ed i dolori del canale.
Abbiamo perfino “adottato” un ragazzo che ci ha raggiunto a metà del canale che ha quindi deciso di salire la cima con noi.
Discesa molto interessante dal Sasso Preguda, anche se troppo caldo …
12 novembre 2008
Val Gerola – 9 Novembre 2008
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Giornata delle decisioni sbagliate. Il passo chiuso, il tempo che non è poi cosi bello, la neve che non pensavo cosi tanta … finisce in Val Gerola, ci porto Andrea per la prima volta. Peccato che l’abbia vista in una giornata cosi bigia. Passeggiatina al Lago di Pescegallo con tentativo di salita al Monte Motta.
Vabbeh, è novembre, è andata cosi.
27 ottobre 2008
Lago Gelato – 2.599 m – 26 Ottobre 2008
Le castagne chiamano ma la giornata si preannuncia bella e mi dispiace “sprecarla” con una raccolta di un frutto che, alla fine, mangio davvero poco.
Mi vengono in mente i larici del Parco del Monte Avic e il Lago Gelato. Perché no?
Arrivo a Volla con l’idea di guardarmi da vicino anche il famoso Monte Avic che è li, in un angolino dei desiderata.
La giornata è davvero fantastica, per nulla fredda e con pochissima gente in giro.
Appena lasciata la carrozzabile il sentiero si inoltra nel bosco di larici. Un fantastico sentiero a mezza costa. Le rocce qui hanno un colore meraviglioso, il sentiero è un’autostrada con pendenza più o meno costante.
I cartelli alla base dicono 4 ore e mezza e cosi sfuma la mia idea di fare il giro ad anello scendendo dal Barbustel. Anzi, inizio a pensare che non so nemmeno se arriverò al lago.
Sosta piccola a metà strada, mi superano 2 ragazzi che saliranno sull’Avic e vedo davanti a me altre 3 persone che incontro nell’ultimo avvallamento prima della ripida salita finale. Chiacchieriamo un po’ e poi riprendo.
Incrocio un simpaticissimo ragazzo che scende, anche con lui 4 chiacchiere e poi ecco il lago, un’ora prima del previsto.
E’ davvero ghiacciato, l’ambiente severo, magico, stupendo.
Arrivano i 3 che avevo incontrato prima e mi propongono il colle. E come fare a dire di no?
Iniziamo a chiacchierare. Giorgio vorrebbe salire in cima. Io ci penso ma sono già stanca e poi come la metto con il ginocchio in discesa? Cavolo, è davvero un peccato rinunciare ad un’occasione cosi anche perché con Giorgio, Paola e Tiziana mi trovo davvero bene. Però anche le 2 ragazze non hanno molta intenzione di salire, cosi ci fermiamo al colle a chiacchierare e mangiare.
L’ambiente mi ricorda molto quello del Rothorn, detritico, di quota e desertico. Un animaletto bianco scappa via (chissà cos’era?) mentre un camoscio ci guarda dall’alto.
Purtroppo è ora di scendere. Sempre chiacchierando torniamo al lago, poi ognuno con il suo passo, si arriva al bivio. Ricongiunti, ancora chiacchiere fino alla macchina, poi birra e saluti.
Era da tempo che non passavo una giornata cosi rilassante e bella.
Speriamo di avere ancora altre occasioni di fare passeggiate insieme :) Nel frattempo ancora grazie per la piacevole compagnia!
Per la cronaca, se non ci siete mai andati, vale davvero la pensa di salire a questo lago. Il Parco è un luogo magico e lo dimostra in ogni suo angolo.
20 ottobre 2008
Canalone Belasa – Moregallo – 1.276 m – 19 Ottobre 2008
O meglio:Canzo, Sentiero geologico, Colma, Sambrosera, Belasa, Moregallo, Pianezza, Canzo.
Cosi suona meglio. E si capisce anche il perché non ho concatenato il sentiero delle vasche: a meno di salire da Valmadrera e magari arrivare li in macchina, non ci sarei mai stata dentro.
Il viaggio lo faccio con 3 amici che condivideranno con me il sentiero fino alla Colma. Loro, per problemi di orario, non si aggregano al mio progetto ma salgono sul Corno Centrale.
Proseguo da sola e da sola (che novità!) sarò fino all’uscita poco prima della cima.
Con il mio passo lento ci vogliono circa 2 ore per arrivare a Sambrosera e qui ho l’amara sorpresa: una serie di cartelli mi informano che oggi c’è questa iniziativa di salire da tutti i versanti del Moregallo per ritrovarsi in cima. A saperlo mi sarei anche aggregata, non mi farebbe schifo oggi avere qualcuno in giro. Dall’altra parte la mia ritrosia a stare in luoghi troppo affollati mi sta facendo cambiare idea. Ma sono sola, non c’è proprio nessuno per cui, dopo una barretta, entro nel canale.
Ho qualche dubbio sull’uscita, quale sentiero prendere ma confido in qualche cartello in loco perché sulla mia cartina il Belasa non è segnato.
Subito rimango affascinata dall’ambiente. La prima catena arriva dopo un tratto ancora di sentiero. Metto via i bastoni e via che si inizia.
Passa la prima e la seconda catena. A fatica ma da qui ci scendo. Solo che ora … non ci sono più catene e questo saltino di roccia, se in salita non mi crea problemi, non sono mica sicura di farlo in discesa se dovessi abbandonare il percorso.
Salgo un po’ perplessa: non ci sono i bolli né gli ometti. Non si può andare da nessun altra parte ma sono dubbiosa, per cui riscendo all’ultima catena.
Medito.
Leggo la relazione: i passaggi superiori a I+ sono attrezzati. Ecchecavolo! Non sarò mica cosi imbranata da farmi fermare da un I+!
Salgo ed ecco lassù il segnale. Da adesso in poi i segnali sono di aiuto ma il percorso è davvero evidente.
Un altro punto “simpatico” mi si presenta con una piccola pancia da superare, con catena. Solo che vuoi dire tirarsi su di braccia. Devo fare opera di convincimento al mio cervello, pensare a me che chiamo i soccorsi perché mi sono incrodata su un passaggio banale … fa effetto perché, con mooooolta fatica, salgo :)
Un altro punto mi mette in soggezione ma nel complesso salgo bene. Sto riprendendo confidenza con i passaggi di un sentiero EE, mi mancava e la testa, abbinata al ginocchio non a posto (sigh!) mi fanno stare un po’ in pensiero.
Passato il punto di non ritorno inizio ad apprezzare ulteriormente l’ambiente. E’ incassato ma mai buio o opprimente.
Arrivo al primo bivio, ma non so proprio dove mi conviene andare. Provo dritto, dovrebbe portarmi sotto il sentiero che, con tratto attrezzato, mi porta in vetta.
La prima cosa che noto è l’osso di una mandibola.
Poi altre ossa.
Poi ciuffi di pelo.
Il sentiero sparisce in tracce. Erba alta si alterna a sfasciumi ma credo che lassù ci sarà il sentiero.
In effetti lo raggiungo con un grosso sospiro di sollievo, ma non è il punto che credevo io. Da qui mi sa tanto che salgo dall’altra parte. Peccato perché, vista l’ora e la stanchezza, avevo quasi meditato di non salire in cima. Questo sentiero è un po’ faticoso ma mi porta in cima abbastanza velocemente.
Purtroppo arrivo tardi per i festeggiamenti, stanno prendendo pentoloni e sacchi della spazzatura per scendere, peccato. In compenso non c’è la ressa che credevo.
Mi fermo a mangiare, a guardarmi intorno, a scaldarmi e asciugarmi al sole. Sono proprio soddisfatta di me stessa.
Per la discesa penso di andare all’Acqua del Fo, da li mi sembra più corta ma … toppo il bivio e mi ritrovo a Pianezzo. E’ inutile, il 5 è il mio sentiero e, volere o volare, scendo quasi sempre da li.
Autunno pieno, colori bellissimi, quasi solitudine.
Le 2 note dolenti della giornata: le FNM non fanno più lo sconto domenicale :( e il treno era in ritardo di circa 20 minuti :O
15 ottobre 2008
Punta Laurasca - m 2.193 - 12 Ottobre 2008
"Ti va la Val Grande?" Come no! "Porta la macchina fotografica che c'è una sorpresa ..."
E cosi eccomi in macchina sabato sera, stanca per la settimana di lavoro, avviarmi in Ossola. E' tanto che non vedo Grazia e le cose da raccontarci sono tante ma vince il sonno e andiamo a nanna presto.
La sorpresa è che con noi c'è un fotografo, uno di quelli veri, mica come noi :)
Lo accompagnamo un pezzetto nella sua avventura, all'alpe Scaredi le nostre strade si dividono: lui per il colle della battaglia, noi ... beh, sono riuscita a convincere Grazia che la Punta della Laurasca è facilissima e corta.
Sin dall'inizio della valle l'autunno ha acceso i suoi colori. E' davvero incantevole questo pezzo di mondo e neppure affollato, tenuto conto che è domenica, gioranta splendida e mite.
Saliamo la cima, foto poche (io) non ho la testa in questo periodo.
Scendiamo piano ... pianissimo, ogniuna delle 2 con i suoi guai fisici (siamo proprio una bella coppia!). Tutto bene fino a quando scendiamo nel bosco.
Sulla carrozzabile ci rendiamo conto che non è quello il sentiero che abbiamo fatto a salire! Non c'era la fornace, non siamo passati cosi vicino alle case, non c'era un rifugio (o bar), eravamo sull'altro versante della valle.
Hi hi hi ... iniziamo a pensare di essere scende in un'altra valle, pero' ripenso alla cartina guardata all'alpe Scaredi (dove c'è anche un bel gran bivacco, ma senza materassi nè coperte) la valle è solo una.
Ma la macchina non c'è, inoltre il parcheggio era asfaltato e qui è sterrato.
Tenete conto che già al mattino abbiamo vissuto una situazione analoga: c'era da seguire la uno bianca di Giancarlo. Ad un certo punto, già nella valle, Grazia mi fa notare che la uno che stavamo seguendo era del vecchio tipo mentre Giancarlo ne aveva una nuova (o al contrario, non ricordo ma per noi non cambia molto).
Ovviamente il parcheggio era solo un pochino più in alto e c'è un altro sentiero che tiene la destra e si sposta poi a sinistra.
Insomma: 2 belle oche ad andare in giro insieme :) :) :)
Gita staconsigliata, davvero splendida soprattutto in questa stagione!
06 ottobre 2008
Corno Bussola–3024 m – 5 Ottobre 2008
Gli orridi o il Corno? Alla fine propendo per una cima, alta e che conosco. La giornata è meravigliosa e, anche se siamo avanti rispetto alla stagione, penso non ci saranno problemi a salire in alto.
Ho trovato pochissima gente, sia al parcheggio che sul sentiero. I colori iniziano ad essere quelli dell’autunno e si sa, il larice è splendido in questa stagione. Però il bosco dura veramente pochissimo e poi lo spazio aperto. Fa freddo, parto a -1 e la temperatura rimarrà sempre molto fresca.
Sono lenta e lo sento. Ho paura per il ginocchio e non voglio forzare, spero sia questo perché alla fine ci ho impiegato un’ora in più a salire che la volta scorsa :(
Poco male, ho trovato neve dura sul traverso (come temevo) ma sono passata abbastanza tranquilla.
Arrivando tardi in vetta ero da sola e il panorama davvero notevole, come potete ben immaginare.
Mi sono fatta il lavaggio del cervello per la discesa: non fare la cresta, sei sola ma non solo qui, su tutta la montagna non c’è più nessuno. Sono riuscita a mandare un sms ad Andrea che quindi sa dove sono ma … e se poi ci sono problemi per la discesa, come la mettiamo con il ginocchio? No, non faccio la cresta e torno da dove sono venuta.
Mi costringo ad una sosta in vetta di quasi un’ora (benedetta giacchetta di piumino che non mi ha fatto sentire neppure un briciolo di freddo!) e poi inizio la discesa.
Arrivo al bivio, la testa va sul sentiero di salita, le gambe su quello della cresta.
E mentre metto un piede davanti all’altro mi dico che sono un pochetto incosciente, ma la cresta … che meraviglia! E’ proprio tutta in cresta, un saliscendi sul filo (più scendi che sali) panoramicamente mozzafiato. Il tutto assolutamente escursionistico.
Solo che mi faccio un sacco di problemi: come sarà il sentiero di discesa? E se poi prosegue e devo scendere per prati ripidi? Ahi … il mio ginocchio!
E poi accuso la fatica e le poche soste che faccio abitualmente quando sono sola non sono state sufficienti a farmi riposare.
C’è un salto di roccia verso la fine, e penso che da li non salirà di certo il sentiero. E invece eccola li la freccia … sob … mi tocca salire ancora.
Corde fisse, scalini e la salita non è poi stata cosi lunga.
Ma ecco laggiù il lago, con il sentierino. Ora ho capito dove arriverò e sono più tranquilla.
Incontro un signore al colle con cui faccio il pezzo di discesa fino al lago. Mi chiede della mia salita, vuole sapere tutto nel dettaglio perché ci proverà pure lui :) Mi fa sempre piacere quando qualcuno prende spunto dalle mie avventure.
Scendendo mi fermo ancora una mezz’ora, sia per il ginocchio che per i piedi. E si, perché il piede mi è cresciuto di circa ½ numero negli ultimi mesi e ora gli scarponi mi fanno male :( E di certo non è il momento di prenderne un paio nuovi e non solo per la ragione economica.
In totale oggi avrò visto una quindicina di persone in giro. Il tempo si è velato dalla seconda metà del pomeriggio rendendo i colori dell’autunno ancora più caldi.
Oggi sono stata molto lenta e questo un po’ mi disturba ma avendo come obiettivo la sistemazione del ginocchio non posso permettermi niente di più.
Coda chilometrica sull’autostrada che, associata alla lentezza, mi fa arrivare a casa ben tardi e soprattutto guidare con il buio. Fa nulla, la giornata è stata splendida e un’altra cima è stata portata a casa!
01 ottobre 2008
Punta Fontanafredda–2.512 m – 28 Settembre 2008
Non voglio pero’ stare a casa per cui mi cerco mete merendere.
All’inizio penso di stare qui, nelle nostre prealpi, poi mi rendo conto che ci sarà cmq un sacco di gente per cui decido di andare in vallèe. Chamois o Cheneil. Da una parte salgo con una funivia che costa 2 € andata e ritorno, dall’altra mi porto a 2.100 m con la macchina e poi, lassù, ci sono prati dove posso rilassarmi a leggere. Questa almeno è l’intenzione.
La preparazione dello zaino è strana, NON DEVO camminare, per cui libro, cannocchiale …
Arrivo alla funivia e mi fermo per andare in bagno. Sono indecisa. Da qui non conosco la zona, l’ho vista solo di sfuggita un inverno.
Ma le mani si muovono, spengono la macchina. Le gambe si muovono e scendo. Bene, credo di aver deciso che salgo da qui.
Fa freschino per essere settembre, non so mica se riuscirò a stare ferma al sole, medito mentre salgo.
E poi la decisione: il santuario di Clavalitè. La quota sulla mia cartina è ovviamente illeggibile, o meglio, si vede il 2 ma la seconda cifra no. Immagino che sia un 1, per cui parto tranquilla.
Certo che è ben su per essere solo 300 m, medito mentre salgo piano piano.
Poi penso che Cheneil è a 2.100 m … ok, sarà a 2.300 allora.
Continuo a salire. Scelgo la carrozzabile, sempre calma e tranquilla. Sono sola, i pochi escursionisti sono andati sul sentiero per Cheneil. Il tempo è bello, fresco, ma la stagione mi sembra proprio un mesetto avanti. Mi fermo poco, come sempre quando sono sola, ma vedo il santuario sempre lassù e ormai i 2.300 li ho già superati.
Ok, morale, il santuario è 2.530 m.
Mi viene in mente che li c’è la cima Fontanafredda, fatta come cima di ripiego in versione semi invernale ma da Cheneil.
Da li partie una cresta per il colle di Cheneil. Una cresta. Aerea. Non so se avete presente il panorama che si vede da li. Non potevo lasciarmela scappare. E poi, dove vuoi che porti? Si congiungerà con il sentiero che fa la traversata.
Con piccole soste mi incammino prima sulla cresta, poi lungo il sentiero. Termino il mio anello e sono più di 800 m di salita … no comment … però il ginocchio sta bene.
Bella la gita alla fine, in un giorno di autunno vale la pena di farlo. Chamois lo stanno ristrutturando tutto ed è una vera bomboniera. Potrebbe anche essere un’idea per provare a fare un po’ di discesa …quando il ginocchio me lo permetterà :(
22 settembre 2008
Bivacco Ravelli–2.503 m – 21 Settembre 2008
I tonti siamo Andrea ed io, naturalmente che, nonostante l’esperienza, abbiamo avuto il coraggio di sbagliare sentiero per 2 volte. La prima poco male, ma la seconda … ma andiamo con ordine.
Il solito tira e molla per l’organizzazione e poi si decide: Valsesia e viene anche un amico di Andrea.
Il viaggio tranquillo ci ha regalato una bella sorpresa: un paio di cerbiatti che hanno attraversato la strada poco prima di Alagna: che belli!
E poi, appena iniziato il sentiero, altri 2 proprio li davanti a noi; peccato un po’ lontani, non so se le foto di Andrea sono venute.
Arrivare all’abitato di Follu è la prima meta. Il sentiero ripido è costeggiato di transenne per chiudere il sentiero franato con l’alluvione del 2000. Questo mi fa riflettere che probabilmente è il sentiero che scende dai Tailly e mi dovrò informare bene prima di fare la traversata.
A Follu ci fermiamo per un caffè, piuttosto scontroso il proprietario ma non importa.
La giornata non è gran che, le nuvole scendono basse e poi si alzano.
Qui sbagliamo per la prima volta. Chiacchierando ci ritroviamo in mezzo a delle case. Chiedo e mi dicono che no, non siamo sul sentiero. Ci fanno tagliare per prati per riprenderlo.
Perché 2 tonti? Perché al bivio ci abbiamo pure riflettuto. In discesa, ci siamo detti, dobbiamo stare attenti a questo bivio, a non andare su ma a scendere. Invece era proprio quello che dovevamo prendere per salire. Poco male, tiriamo su per prati e riprendiamo il sentiero.
Ci fermiamo a fare delle piccole soste fino ad arrivare all’ultima baita. Attraversiamo il torrente, il bollo e li, su quel masso. Prendiamo la traccia di sentiero che diventa sempre più traccia. Vedo un bollo molto vecchio, sono perplessa ma ancora non ci arrivo. La traccia non c’è più, l’unica sembra andare su per il letto di un torrentello. Troviamo 2 ometti e un bel bollo. Ci rincuoriamo ma ora davvero la traccia è faticosa. Matteo non se la sente e torna alla casetta. Andrea ed io decidiamo di andare lassù dove dovrebbe esserci la conca detritica per poi rientrare. Solo che la traccia ora è davvero inesistente, l’erba alta e scivolosa, pieno di piante di mirtillo e rododendri.
Rinunciamo.
Torniamo.
Arrivati alla casetta Andrea guarda da dove siamo venuti. Un’esclamazione … eccolo li il sentiero che non abbiamo visto.
Non so bene cosa mi prende ma mi incammino. Il sentiero è bellissimo ed io inizio a salire con passo veloce. Mi guardo indietro e vedo Matteo e Andrea che mi seguono. In realtà si fermeranno poco dopo ma io proseguo, prendendo come spunto l’idea di arrivare alla conca detritica e poi rientrare. Vado veloce ma ormai sono stanca e non ho riposato molto. Sono già 1400 i metri percorsi e li sento tutti. Arrivo alla conca e la nebbia è ora molto bassa. Non vedo esattamente dove è il bivacco ma vedo che è segnato molto bene. Sono già le 2, mi metto la ginocchiera e inizio a scendere velocemente. Quasi subito incontro Andrea che insiste perché io salga. Dice che per Matteo non c’è problema e lui ci terrebbe proprio che io salga.
Riprendo a salire ma appena mi rendo conto di dove è il bivacco rinuncio. Ci vorrebbe almeno un’altra ora tra salire e scendere, poi ho bisogno di un po’ di riposo e non è presto.
Rinuncio, ho visto quello che mi interessava, ci torno la prossima estate con l’idea di fermarmi qui un paio di giorni.
Andrea insiste per dire che lo posso segnare come fatto (intanto abbiamo visto il palo lassù, sullo sperone, che pensiamo sia parte del bivacco). Anche il lago pensiamo sia proprio sopra.
Dopo aver mangiato qualcosina raggiungiamo Matteo e iniziamo a scendere. Il dislivello totale il salita è di 1500 m … e non abbiamo neppure raggiunto il bivacco! A dire dell’altimetro mancavano circa 100 – 150 m.
La discesa è velocissima fino a Follu, poi non finisce più. Siamo tutti e 3 piuttosto stanchi, ma la gita, nonostante tutto, sembra venuta bene. Matteo è rimasto piacevolmente impressionato dalla Val d’Otro, ha apprezzato la mancanza di gente, il silenzio che non trova quando va qui sulle nostre prealpi.
La valle merita davvero, selvaggia e solitaria, solo marmotte e uccellini a teneri compagnia.
16 settembre 2008
Zuccone Campelli–2.160 m – 14/15 Settembre 2008
Stefano accetta comunque di accompagnarmi, anche se il meteo non è un gran che.
Andiamo a dormire al Rifugio Nicola, ai piani di Artavaggio. E’ tantissimo che manco da la e nel frattempo hanno riattivato la funivia. Noi pero’ saliamo a piedi e appena iniziato a camminare inizia pure a piovere. Il sentiero è tutto nel bosco, abbiamo i pantaloni corti e l’ombrello per cui arriviamo tutto sommato asciutti.
E’ molto suggestivo un bosco con questo tempo, la nebbiolina che rende tutto ovattato, il ticchettio delle gocce di pioggia come unica compagnia ai nostri passi.
Ci fermiamo a mangiare al Rifugio Sassi Castelli, poi una puntatina alla funivia, tanto per vedere com’è. Meno male che ci siamo passati cosi il ragazzo ci racconta che, se arriviamo entro le 16:45, ai Piani di Bobbio ci fanno scendere con gli operai. Ottimo! Le nostre ginocchia si sentono già più sollevate.
Proseguiamo per il Nicola, non lo vediamo che alla fine e naturalmente non si vede nient’altro.
Ci accoglie un simpatico giovanotto (il figlio dei gestori) che, dopo averci fatto riprendere, ci accompagna alla nostra camera. Saremo gli unici ospiti, ma questo lo sapevamo già.
La prima notizia bella è per la cena. Abituata a non scegliere, mi sento proporre 3 primi e 3 o 4 secondi! E li, si sa, si mangia bene.
Verso le 17 la nebbia inizia a diradarsi e cosi usciamo a fare 4 passi sul Sodatura e poi al Cazzaniga.
Quando ben siamo a tavola la nebbia è tornata a farla da padrona e le previsioni per domani non sono un gran che. Ecco, questo è il momento che un po’ mi demoralizza. Ho capito che non sono fortunata, ma cribbio … :(
Andiamo a dormire senza fare grossi programmi per l’indomani.
Mi sveglio spesso, senza lenti non vedo un gran che ma quella palla la luminosa non può che essere la luna … allora forse il tempo non sarà poi cosi brutto!
Mattino. Nuvole alte. Luce splendida.
Colazione con calma, il meteo dovrebbe migliorare nella giornata e noi avremmo deciso di prendere la funivia alle 5 meno un quarto, quindi di tempo ne abbiamo.
La cima non è lontana, il sentiero molto bello. Siamo in giro solo noi e le marmotte che ci assordano di fischi.
Per la cima ci sono un paio di catene in discesa e qualche roccetta in salita. Finalmente in cima allo Zuccone Campelli! Ora ho la certezza che non ci sono mai salita.
Foto di rito poi ci guardiamo le cartine per capire dove diavolo sia il canalone che ci porterebbe in un baleno al Rifugio Lecco. Stefano non lo ricorda, figuriamoci io ed entrambi non abbiamo pensato a chiederlo al rifugista.
Inoltre Stefano continua a commentare le nuvole con la preoccupazione che portino un temporale. Alla fine tanto fa che non mi va più di cercare il canalone ma preferisco tornare indietro e prendere il 101 e scendere dalla bocchetta dei mughi. Inoltre c’è un po’ di nuvolaglia bassa (alias nebbia) che ogni tanto scende dalla parte di Bobbio e non ci sembra proprio il caso di andar per sentimento. Di comune accordo decidiamo di tornare a prendere il bivio.
E’ lungo questo traverso e l’ultima parte a me non è piaciuta. Vegetazione piuttosto alta e bruciata dai primi freddi.
Sbuchiamo dall’altra parte e il terreno cambia radicalmente: quasi senza vegetazione, una traccia che si vede benissimo scende (e risale … sob!) verso sinistra, al di la delle montagne che abbiamo attraversato sull’altro versante, c’è il rifugio. Ci arriviamo nei tempi previsti dai cartelli. Peccato che il rifugio è chiuso, un caffè l’avremmo bevuto volentieri.
Siamo perfettamente in tempo per la funivia, ci incamminiamo e arriviamo li verso le 16.
In compenso non sono in orario loro ma i quasi
Arrivati a Barzio un ottimo gelato, poi corriera per Lecco, treno per Milano.
Che dire … un grazie grande come una casa a Stefano che mi ha accompagnato in questa 2 gg umida … gliene sono veramente grata :)
01 settembre 2008
Anello in Val Gerola: Pesegallo Lago di Pescegallo – Cà San Marco – Salmurano - Pescegallo / 31 Agosto 2008
La giornata non è un gran che, ma poco prima delle 9 ho gli scarponi ai piedi. Questa volta andrò verso il lago di Pescegallo, indecisa se tentare la cima di Ponteranica.
Piccola premessa: occupata nei miei pensieri (piuttosto lugubri a dir la verità) entro in confusione al bivio appena fuori le gallerie e prendo per Chiavenna. Mi rendo conto che qualcosa non va ma devo fermarmi a vedere la cartina per capire che devo andare verso Sondrio. Iniziamo bene.
La seconda volta mi perdo nel prendere il sentiero per il lago. La traccia più marcata porta ad una baita. Poco male, proseguo sulla strada, ma questi 2 avvenimenti mi fanno riflettere. Inoltre le cime sono coperte dalle nuvole anche se a tratti.
Passo il lago ed inizio la salita. C’è gente che scende, immagino arrivino da Cà San Marco e probabilmente faranno il giro dal Salmurano.
Arrivo al Forcellino e guardo la carta: la Kompass dice che il sentiero per la cima parte dal laghetto sotto, la mia relazione da qui. Provo a prendere la cresta per un po’, ma poi le tracce spariscono. Non è tanto questo il problema quanto le nuvole che ormai si sono fatte basse e le cime sono tutte coperte.
Bene, è da tempo che voglio salire al Passo San Marco, che sia macchina, bici o a piedi. Questa mi sembra l’occasione buona. Riscendo e prendo per Cà San Marco, non sarà il passo ma è li che mi interessa arrivare.
Di qui il tempo è peggiore e mi ritrovo avvolta nella nebbia. C’è però un po’ di gente in giro. Al laghetto le cime non si vedono per nulla per cui non riesco neppure a capire se c’è davvero un sentiero da li per il Ponteranica.
Arrivo al passo di Verrobbio e vedo il mio sentiero che sta a mezzacosta e la in fondo il passo.
Inizio a chiedermi dove sarà il Passo Salmurano e quanto mi ci vorrà da li, ma sono fiduciosa.
E’ lungo arrivare al passo e ad un certo punto vedo un cartello che indica un sentiero che scende nella valle: Passo Salmurano 2 ore e 40.
Azz …
Mentre continuo verso il Passo medito: è tanto, e non è proprio presto.
Arrivata a destinazione mi trovo un posticino sul fraticello e sbocconcellando il mio panino mi guardo la cartina: gasp! Forse se la guardavo meglio prima non avrei affrontato questo itinerario: è davvero lungo! Inoltre devo scendere nel vallone per poi risalire. Ma si sa che ho la testa dura e, nonostante i conti mi indichino che arriverò alla macchina non prima delle 18, prendo il sentierino basso.
E qui la nota dolente: il ginocchio … duole, appunto. Mi fermo a mettere la ginocchiera ma la discesa è un tormento. Inizio a pensare che sono pazza al pensiero di farmi le oltre 2 ore per il Passo Salmurano e poi tutta la discesa verso Pescegallo, ma ormai sono in ballo.
La vallata e splendida, la risalita dolce in mezzo a mughi e rododendri. Siamo a fine estate, pochi fiori, qualche pianta già secca.
Incontro qualcuno che scende e inizio a pensare che forse non sono proprio cosi matta.
Lascio perdere la deviazione per i laghi di Ponteranica (sarà per la prox volta) e proseguo per il passo. Ma ecco si mette a piovigginare. Uffi … ce la farò?
Arrivano 2 signori e chiedo se manca molto per io passo. Mi rassicurano, circa un’oretta, anche meno se è veloce. Avevo stimato di arrivare li per le 16 e loro me lo stanno confermando.
Il sentiero è un bellissimo traverso molto panoramico se non ci fosse la nebbia a tratti. Si passa un vallone via l’altro con alternanze di saliscendi, e quando scendo … hai!!! Il ginocchio!!!
Quando avvisto il passo tiro un respiro di sollievo e mi fermo a far riposare la gamba. Da qui si vede benissimo il canale che porta al Benigni e da quaggiù non penseresti mai di salirlo abbastanza tranquillamente.
Medito.
La seggiovia scende dal Rifugio Salmurano. Mi farebbe risparmiare al ginocchio
Ci penso mentre scendo. Ci metto il tempo del cartello ma cerco di usare la testa: se il ginocchio fa male, la seggiovia è ancora aperta ed il costo abbordabile … beh, fai come i vecchietti e scendi in seggiovia.
Fatto.
Oggi il ginocchio non fa più male e sono contenta della scelta presa.
Il giro è davvero bello, fatto tutto con qualche sosta (io ne ho fatte davvero pochissime e molto brevi) comporta circa 8 ore. Tutto sommato direi che ne vale la pena.
E poi la sorpresa di Milano (vedi l’ultima foto) che è capace, nonostante tutto, di regalare panorami mozzafiato :)
Ah, in totale sono
11 agosto 2008
Punta Basei–3.338 m – 10 Agosto 2008
E’ il titolo della mail che mi arriva sabato mattina. Tempo splendido … e se tentassimo la Basei?
Cribbio! Bellissima idea! 7-
Bravo Andrea, altre idee come questa!
Partiamo prestissimo perché alle 9 chiudono la strada per i Piani del Nivolet.
Dormicchio un po’ salendo, sono stanca e provata da tutto quello che sta succedendo, considerando anche il fatto che pure le vacanze non saranno rilassanti dal punto di vista mentale.
Arriviamo senza grossi intoppi. Fa freddo. Alla fine decido di partire con i pantaloni lunghi e la maglia a manica lunga.
Davanti a noi partono 2 ragazzotti con picca. Bene, pensiamo, non saremo soli.
Dietro di noi arrivano 3 ragazzotti. Il sentiero ha diverse biforcazioni, immagino che mi superino lungo una di quelle. Ma no, i ragazzi mi seguono tallonandomi … uff che palle!
Per fortuna al bivio loro girano sul Taou Blanc mentre noi andiamo a sinistra, verso la nostra meta che oramai è ben visibile.
La guardo perplessa: la cresta mi sembra sgombra di neve e la cima piuttosto rocciosa.
Saliamo su un salto di roccia e orami siamo nella parte morenica. Iniziamo a capire: picca e ramponi ci faranno solo compagnia. Poco male, uno zaino un po’ pesante non farà altro che aiutarci nell’allenamento.
Abbiamo davanti solo 5 persone, 2 che ci hanno superato e 3 che superiamo noi. Dei ragazzi con la picca più nemmeno l'ombra.
La giornata è fresca ma intanto ci siamo tolti la maglia con le maniche lunghe ed io mi sono messa in corto.
Arrivati al colle il panorama è super! Vediamo laggiù la strada fatta la scorsa primavera quando tentammo la Galisia: come è conciato il ghiacciaio!
Vediamo anche la Calabre, il ghiacciaio è davvero messo male e non sarà semplicissimo arrivare sulla parte più tranquilla che porta alla cima. Si deve proprio passare attaccati alla Granta Parey.
Cresta. Prima larga, poi le roccette. Atto di fiducia sulla relazione e parto. Il sentiero è abbastanza evidente ma ad un certo punto si biforca: ovviamente prendo la strada sbagliata e mi ritrovo a risalire un pezzetto di neve piuttosto esposto e nascosto sotto una roccia che mi tocca continuamente lo zaino. Ok, al ritorno passo dall’altra parte. Incontriamo dei ragazzi che stanno scendendo e ci dicono che loro hanno lasciato li gli zaini ma in cima non c’è vento.
Nel frattempo ci siamo vestiti perché l’aria è davvero frizzantina. Che facciamo? Lasciamo qui, no portiamo su … armeggiamo con gli zaini almeno per mettere via i bastoni. Andrea si attarda ed io inizio a salire; ho deciso di portare su lo zaino ma lascio ad Andrea il tempo di decidere che fare. Mi raggiunge con lo zaino: ok. Scoprirò dopo che ha lasciato giù i bastoni e questo gli costerà un pochino di apprensione mentre siamo fermi per la sosta pranzo.
Arriviamo senza altri intoppi ai piedi della paretina che, scoprirò poi, è data come II-
Mi sembrava che non fosse poi un primo. Cmq, le corde che ci sono aiutano alla grande ed è tutto gradinato.
Gli zaini li abbiamo lasciati ai piedi della paretina e arriviamo in cima quando i 3 signori lassù stanno scendendo. Chiediamo la cortesia di una foto e poi ci ritroviamo soli. Inutile raccontare quello che vediamo da lassù, le foto parlano da sole. Riflettiamo sulla Calabre, una delle nostre possibili mete. Fotografiamo assai e poi iniziamo a scendere. La parete in discesa, complice i canaponi, è davvero semplice e ci fermiamo riparati dal vento a mangiare.
La discesa la vogliamo fare con calma, fotografando tutto quello che non abbiamo fatto in salita.
Al Colle Basei una comitiva colora i grigi sassi e noi scappiamo decisamente giù, per avere il tempo di fermarci a fare le foto senza essere raggiunti dal gruppone.
Scendendo un po’ di nuvole ci accompagnano, coprono la cima per lasciarcela poi intravedere alla fine.
La zona è davvero bella, la cima è stata appagante e l’allenamento mi sembra abbastanza buono per entrambi.
Piccola deviazione sul sentiero di discesa, qualche indecisione sui bivi e poi eccoci alla macchina, stavolta dal sentiero senza deviare per prati come facemmo lo scorso anno.
Gita consigliata, poco dislivello e difficoltà contenute. Ah … niente picca e ramponi!
04 agosto 2008
Piccolo Rothorn–3.025 m – 3 Agosto 2008
Spero di trovare l’inizio del sentiero perché non ricordo per nulla dove sia esattamente la località Underwoald, dove c’è la chiesetta e lo spaccio.
Parto presto, arrivo a Gressoney con un bel freschino. Il rosa è talmente bello che come lo vedo mi viene una stretta al petto … fortunati quelli che oggi sono saliti in quota! La giornata è meravigliosa, la gente non è tanta in giro ma è ancora presto.
Ovviamente non trovo la località e allora parcheggio vicino all’impianto Jolanda (la Kompass da l’inizio del sentiero proprio li) e chiedo ad un vigile. Mi spiega molto gentile, poi si vede che codifica il mio sguardo perplesso e mi accompagna fin quasi al ponte. Ok, grazie, ma è segnato l’inizio del sentiero? Deve aver capito il sentiero nel suo complesso e mi risponde: si, è segnato, e poi è molto frequentato. Bene, non sarò sola.
Vado alla chiesetta e non trovo il sentiero. Chiedo allo spaccio. Sembra che sia proprio io l’imbranata perché la signora mi accompagna fuori e mi dice: li, attraversa il prato. Ok, vedo un sentiero ed un bollo. Vado a prendere la macchina e mi preparo, sperando che quel bollo porti il magico numerino 10.
Ebbene si, è lui :)
Supero quasi subito un “giovanotto con una splendida attrezzatura fotografica: dubito che arriverà in cima.
Poco dopo incontro 2 simpatiche signore che mi chiedono se vado in cima: se ci riesco :)
Poi mi supera un giovanotto. Poi piu’ nulla. Proseguo spedita, in una giornata spettacolare.
Per fortuna avevo la relazione: la deviazione a sinistra me la sarei persa alla grande. Un sacco di bolli nel bosco, piuttosto inutili visto che non ci sono deviazione e poi, dove serve, nisba!
Arrivo cmq senza intoppi all’alpeggio Hockene Stei che è davvero in una posizione invidiabile. Ci hanno portato una roulotte, immagino con l’elicottero, per ristrutturare la baita; peccato perché perde un po’ di poesia. Quando sarà sistemata sarà però incantevole.
Piccola pausa, perchè ho già visto che il sentiero non si vede poi tanto bene.
In effetti gli ometti, spesso distrutti, ed i bolli non sono visibilissimi in salita. Se seguo il sentiero spesso mi porto fuori traccia e più di una volta devo ritornare sui miei passi, per cui massima attenzione ai segni, non mi devo distrarre neppure un attimo e allora si abbandonano i pensieri e si porta tutta l’attenzione al sentiero.
Certo che è molto più faticoso procedere in questo modo. Oltretutto sono sola. Non c’è un’anima in giro. Il sentiero non è particolarmente ripido, solo alcuni tratti sono un pochino esposti tanto che, se non c’era il bollo, da li non sarei mai passata. E’ però importante seguire i segni per arrivare alla catena, unica del percorso, che permette di salire un balzello; e poi per il canale che porta alla piana da cui si vedono sia la Testa Grigia che il Rothorn che il Piccolo Rothorn.
Più di una volta ho messo in dubbio il fatto di arrivare alla meta. Ogni volta che perdo il segno seguo l’istinto e si, sono sulla traccia giusta tutte le volte, ma la fatica si fa sentire.
La Kompass tira una riga dritta (ettepareva!) mentre il sentiero si piega in diverse anse per superare gli ostacoli descritte prima.
Rileggo a tratti la relazione: 1 ora per il colle a 2.900 e un’ora per la creta della cima.
Cribbio … io sono ancora a 2.600 ed è mezzogiorno. Non arriverò mai alla cima. Oltretutto non so perché penso che dopo il colle a 2.900 i metri che mi mancano sono 300. Quando realizzo che sono solo 100 divento più possibilista.
Proseguo.
Arrivo ad un certo punto in cui vedo una cimetta molto invogliante li alla mia destra, ma la relazione parla chiaro: girare appena possibile a sinistra per la cresta.
Parto. Usti! Inizia subito un per saltino. Lo guardo con gli occhi da discesa: si, ce la faccio a scendere. Proseguo. Sono perplessa: non doveva esserci la cresta … e non dovevano esserci i passaggi di II … Proseguo. Dopo un altro passaggio valutato anche in discesa torna il sentiero. Mi tranquillizzo anche se la cresta che vedo davanti a me non è per niente tranquillizzante.
Inizio a pensare che la cima non la farò sul serio :(
Eccomi sotto la bastionata finale. Tolgo macchina fotografica e bastoncini e mentre li metto via ne vedo altri 2 che devono essere dei signori che sono in cima e hanno tutta l’aria di aspettarmi.
Inizio a salire. Usti e riusti. Mi guardo bene sopra. Se non fossi da sola, e quindi la tranquillità di essere in due, avrei probabilmente proseguito ma da sola no, non me la sento. Giro i tacchetti e torno sui miei passi.
L’altimetro segna
Come 3.000 ????
La mia cima è 3.025 ma sopra di me ci saranno ancora un centinaio di metri … Sto per mandare un messaggio ad Andrea con la mia rinuncia, dicendogli però che la considero fatta. Niente da fare, non prende.
Riprendo la relazione, per l’ennesima volta, ed un dubbio mi assale … giro il foglio in modo da leggere il titolo …
Hi hi hi … sisi …avete indovintato! Ho sbagliato cima!!! La relazione è per il Rothorn, non per il piccolo! Mi metto a ridere come una scema … che tonta!
Intanto il ginocchio ha preso a farmi male, evidentemente l’arrampicata non fa ancora per lui. Mentre mi metto la ginocchiera vedo che i 2 stanno scendendo. Decido di aspettarli e faccio l’ultimo pezzo della cresta con loro. Però non mi riporta alla selletta tra le 2 cime ma un po’ più sotto. Poco male … che problema c’è: metro più metro meno :) Risalgo ed eccomi finalmente alla mia cimetta, con un’ora di ritardo sul previsto, ora che ho perso per la cresta, altrimenti ce l’avrei fatta benissimo nelle 4 ore preventivate, soste e indecisioni comprese.
La temperatura è ottima, la visuale bellissima. La Testa Grigia è davvero una gran bella montagna, non c’è che dire.
Però sono preoccupata dalla discesa. Ora sono solissima e non salirà di certo più nessuno. Se le difficoltà che ho avuto in salita le ho anche in discesa rischio di non arrivare più.
Peccato, mangio qualcosa, cerco di mandare un messaggio sempre ad Andrea avvisandolo del mio disagio ma non sono sicura di esserci riuscita.
Scendendo però mi rendo conto che il sentiero è molto più visibile che in salita. Come da accordi con me stessa mi fermo a fare le foto che non ho fatto in salita.
Ho incontrato diverse stelle alpine che in salita ho quasi calpestato senza neppure vederle!
Ogni tanto mi fermo per le foto, mi prendo un quarto d’ora per riposare e godere il panorama ed il fresco. La pausa lunga la faccio però dopo la catena, solo che li fa già quasi caldo. Pazienza.
L’altra pausa quando prenderò l’acqua, penso, tanto da qui all’alpeggio non è tanto.
Errore: c’è ancora un bel pezzo ma non importa, ora il sentiero è evidentissimo e sono tranquillissima.
Mi fermo a prendere l’acqua e poi scendo.
Scendo.
Mhhh, questo pezzo in piano mi sembra troppo lungo.
Acci … quell’albero in salita mica lo avevo visto.
E neppure quella casetta!!! ARGHHHHHHHHHHHHH!!!!
Non ho visto il bivio!!!
Torno sui miei passi, e non sono pochi, prima di vedere un sentierino piccino piccino che taglia giù. Ovviamente nessun segno :(
Dopo poco suona il telefono: sono ormai le 18 ed Andrea, non sentendo il mio messaggio dalla macchina, si preoccupa giustamente. Lo rassicuro, ancora una mezz’ora e poi dovrei esserci.
Il sentiero è ripidissimo, devo stare attenta per il ginocchio ma alla fine arrivo.
Stanca, si, ma non più di tanto.
Felice. Direi che per il momento è stata la gita più bella dell’anno. Varia, solitaria, in ambienti diversissimi tra loro … ne vale davvero la pena!
28 luglio 2008
Corno Bussola –3.023 m – 27 Luglio 2008
Le previsioni dicono che in Vallèe la nuvolosità si dirada al mattino e poi bello, per cui mi permetto un’ora di sonno in più rispetto a domenica scorsa.
Sono lenta, anche a preparare lo zaino ieri sera qualcosa non funzionava.
Parto.
L’autostrada non è chiusa e …. CA@@O!!!!! Ho lasciato a casa la macchina fotografica :(
Sto per tornare indietro ma faccio rapidamente 2 conti e vedo che ritardo troppo. Vado senza e cerco di convincermi che può essere una nuova esperienza. Di sicuro ne trarrà beneficio il mio allenamento. Altra considerazione è che mi sono disamorata di questa macchina e ho già la testa nella nuova Canon che prima o poi arriverà.
Viaggio tutto liscio, nessun intoppo. Parto in perfetto orario preventivato, e cioè alle 10.00 … precisione sfizzera!
Sapevo che avrei incontrato parecchia gente, almeno fino al Rifugio Arp, ed in effetti è cosi. Il tempo è bellissimo, la giornata non troppo calda ma quella nuvola scura lassù in direzione del Rosa … ma Nimbus dice che viene bello ed io continuo a salire.
Riesco a tagliare fuori il rifugio e la ressa e mi inoltro nella valle passando un laghetto dopo l’altro. Ora non c’è più il sole e l’aria è davvero fredda. Devo vestirmi, la maglietta “fresca” non va bene e le braccia … brrr! Metto le maniche lunghe.
Non concordo molto con la relazione che ho, ma incontro un signore gentilissimo a cui chiedo lumi. La cima l’ho già individuata e lui me lo conferma. Ora non posso più sbagliare, il sentiero è il
Pochissima gente sale, vedo qualcuno già in cresta. Io vado benone, il passo veloce (ho già accorciato i tempi della relazione) beh, veloce per i miei std, ma non sono affaticata e non ho fatto sosta; le barrette le ho mangiate solo rallentando un attimo il passo.
Penso a quali saranno le difficoltà per cui questa cima è dichiarata EE, c’è un pezzo attrezzato ed un paio di tratti esposti. Continuo con un occhio al sentiero e uno al tempo che, in barba a Nimbus, non migliora … anzi!
Dopo il colle il tratto attrezzato: come salire le scale di casa. Poi il fango. Ecco, la difficoltà maggiore secondo me sta proprio nel fango. In salita cerchi di evitarlo, in discesa ci sarò da ridere, soprattutto se pioverà!
Eccomi in cima. Tempo da record :)
E qui una piccola nota polemica: perché quando si arriva in cima ci si accampa sotto la croce o addosso alla madonna? Con tutto lo spazio che c’era! Con il risultato che le eventuali (sigh!) foto risultino “sporcate” dai panni stesi, sacchetti di plastica e zaini buttati li … mah …
Mi cerco un posticino tutto per me, vicino a quella che immagino sia la vera cima (ometto e sembra proprio più alta).
Mi godo la salita, il panorama è bello solo sotto, non si vede neppure una cimetta del Rosa ma non fa nulla, le conosco ormai bene e non sarebbe stata la prima volta che mi affacciavo ad un panorama del genere.
Sto poco in cima, per un motivo o per l’altro non mi fermo mai molto. Vado a vedere la cresta che dovrebbe portare al Colle Palasina … Che cresta! La cosa strana è che non vedo più ometti.
Cmq decido di scendere dalla stessa via di salita. Mi preparo psicologicamente al fango e via. Poco dopo incontro il bivio, quello per la cresta. Ecco perché da lassù non mi sembrava fattibile, semplicemente non era da su ma il sentiero lo si prende da qui. Ci penso. Il tempo è sempre brutto, ogni tanto ci avvolge una nebbiolina … no, preferisco andare da dove sono venuta. I 3 che hanno occupato la cima con la croce invece lo prendono e cosi vedo il percorso, li seguo mentre scendo. La prossima volta, con la macchina fotografica, lo farò in salita.
Non faccio in tempo ad arrivare al secondo lago che inizia a gocciolare. Uffi, volevo passare la giornata completa qui e invece mi sa che ritornerò a Milano prima di cena.
Faccio un salto al rifugio, giusto per andare in bagno e prendere il lettore MP3 e poi vado giù con calma dalla strada. Piove per tutto il tempo, l’acqua entra dal mio guscetto e lo rispedirò di nuovo al fornitore :(
Arrivo alla macchina in breve, alla fine la mia escursione è durata un totale di 6 ore e ½ per un dislivello di
Rientro a Milano tranquillo, solo una ressa pazzesca in autogrill, sia all’andata che, e questo mi ha stupito, al ritorno.
E domenica prossima? Dove andare a fare circa 1.300 –
22 luglio 2008
Monte Barbeston –2.482 m – 20 Luglio 2008
Sono stanca, il lavoro, con i saldi, non mi risparmia e penso con ansia al viaggio in macchina. Mi verrà sonno, cosi come lunedì scorso; solo che lunedì mi sono fermata a dormire in autogrill (tanto pioveva) per poi godermi una splendida giornata di sole lassu’ tra i monti, sempre del parco del Monte Avic. Questa volta non posso farlo e allora: termos di caffè e a nanna presto.
Autostrada. O almeno cosi credevo. Chiusa. Fino ad Agrate ….. Non posso ripetere tutto quello che mi è passato per la mente, ma mi armo di pazienza e cerco di fare attenzione ai cartelli che mi riporteranno sull’autostrada. E’ ora che la pianti di dire che mi perdo dappertutto visto che anche questa volta non ho avuto problemi, nonostante a volte la segnaletica non fosse ottimale, a orientarmi e a trovare la strada giusta. Ma ho perso un po’ di tempo e l’autostrada è chiusa anche in direzione Milano …. Chissà al rientro stasera!!!
Arrivo al parcheggio alle 8:30 …… e non c’è posto! E’ la prima volta che vengo di domenica d’estate e non mi aspettavo questo affollamento. Quando sono scesa poi mi sono resa conto che l’affollamento del mattino era niente rispetto a quello che avrei trovato al pomeriggio!
Ma andiamo con ordine.
Vedo un gruppo piuttosto sostenuto salire, mentre io ancora medito su dove lasciare la macchina.
Penso: andranno al Barbustel. Il mio monte non credo lo salga molta gente ed è questo il motivo della mia scelta. Ho bisogno di stare da sola, di fare la mia salita in solitudine immersa in questo ambiente meraviglioso del parco.
Finalmente decido che la macchina è meglio lasciarla giu’ davanti al centro visitatori, mi preparo e parto.
All’inizio del sentiero c’è un ragazzo che mi porge un depliant del parco. E cosi mi distraggo e credo di aver perso il bivio. Torno indietro per scoprire che no, non ho perso il bivio, era piu’ in la.
E alla fine inizio la mia salita alle 9.
Giornata bellissima anche se un po’ calda. Cammino bene, mi sento bene e mi importa poco della pioggia che posso eventualmente prendere al pomeriggio.
Piccolo dubbio al bivio ma la relazione parla chiaro: proseguire a destra. E a destra vado.
Sono sempre nel bosco, ma oltre al canto degli uccellini sento vociare. Urca ….. Davanti a me c’è il gruppetto che ho visto all’inizio! Vanno proprio lenti se li ho ripresi, ma il problema è un altro: sono talmente sfasata che non ho voglia di interagire con loro. Mi fermo e medito: l’alternativa è tornare indietro e mi sembra molto stupido e quindi mi incammino. Il gruppo è gentilissimo e si ferma in toto per farmi passare. Dicono che corro …. hi hi hi ……
Arrivo all’alpeggio e li faccio sosta. Sono a piu’ di metà strada ed inizio a vedere che i miei tempi sono finalmente decenti. Non c’è acqua alla fontana ma io sono ben fornita. Mangio una barretta e poi mi avvio verso il colle.
Vedo la cima e quando alzo la testa la vedo ora vicina, la rialzo e sembra ora lontanissima!
Il gruppo mi segue sempre ma a debita distanza. Inizio la cresta, un po’ ventosa ma mi asciuga il sudore.
Sono in cima in un battibaleno, con un bel gregge di caprette che mi sta aspettando.
Foto di rito alla madonna, autoscatto e poi libero la cima per il gruppone che intanto ha attaccato la cresta.
Tenere a bada le caprette non è facile, devo tenere a portata di mano un bastone ed è sufficiente farlo vedere perché si allontanino …. per tornare dopo pochi secondi a curiosare.
Il sole intanto è sparito dietro alle nuvole, giu’ è brutto già da un po’, è ora di rientrare e fare le foto che non ho fatto in salita.
E qui l’amara sorpresa: le caprette mi hanno adottato come il loro pastore :(
E mi tallonano, nel vero senso della parola. Le ho a pochi cm da me.
Mi fermo.
Si fermano.
Riparto.
Ripartono.
Mi guardano. Aspettano un mio gesto per far qualcosa. Quando mi fermo di piu’, per fotografare, loro iniziano a mangiucchiare l’erbetta; ma non appena riparto, loro dietro.
Arrivo al colle piuttosto seccata: e io che volevo starmene sola soletta!
Aspetto che il gruppo scenda, cosi magari le caprette seguono loro.
Macchè …. Aspettano me ….. mi accompagnano fino alla baita poi, per fortuna, li si fermano mentre io continuo finalmente sola la mia discesa.
Ho fatto foto, litigato con le caprette ma la discesa è lenta lo stesso. In salita non ho problemi con il ginocchio, in discesa invece ho un po’ paura e cosi vado piano piano. Speriamo di migliorare un po’ …
Dell’invasione delle macchine al parcheggio ho già parlato. Rientro a casa con calma, qualche piccola coda per i lavori in corso mentre l’autostrada non l’hanno chiusa ad Agrate, per fortuna!
22 giugno 2008
Sasso Gordona – 1.410 m – 22 Giugno 2008
Fa caldo, ma è il primo we di bel tempo dopo innumerevoli di acqua. Non mi posso permettere mete che siano piu’ di
Parto da sola. Ci sono 3 strade per arrivare all’Alpe di Cerano ed io prendo quella che non ho ancora percorso. Ovviamente canno il bivio per cui mi ritrovo di nuovo ad Argegno. E si che ero tutta attenta per non sbagliare … chissà dove era …
Cmq, riprendo la strada che ho fatto la scorsa domenica con Stefano e in breve sono all’Alpe.
C’è già qualche merendero che ha piantato la tenda. Qualche macchina e un cielo umido e afoso mi aspettano.
Caffè, scarponi e parto.
Il sentiero ormai lo conosco a menadito ma neppure stavolta fotograferò; al limite al ritorno.
Fa caldo ma non tantissimo e arrivo al rifugio perfettamente in linea con i tempi del cartello.
Non mi fermo e proseguo per la cima.
Quello che mi ha spiegato Andrea mi ha aiutato a non sbagliare sentiero all’inizio. Arrivo alle catene e alle trincee. Qui qualche foto la faccio perché non sono sicura di rientrare da questa parte.
C’è poca gente che sale la cima e questo mi va benissimo. C’è qualche passo un po’ lungo ma lo faccio con la gamba sana e, dove mi occorre, mi aiuto con la catena per salvaguardare il ginocchio.
In cima un po’ una delusione. Erba. Moscerini. Sassi pochi. Rondini a mille che sono la sorpresa piu’ bella.
Inutile, qui in cima non ci si puo’ fermare anche perché è pieno di ortiche.
Chiacchiero con 2 ragazzi (oddio …. avranno la mia età …. ) che hanno una splendida bastardina.
Ho visto il sentiero che scende dall’altra parte ma inizia già con le catene ed io non voglio sforzare il ginocchio. Devo fare le cose con calma. Scendo da dove sono venuta.
C’è un punto del sentiero in cui compare un bivio. Li mi fermo per riposare, mangiare qualcosa e fare un po’ di foto. Ovviamente chi sale non prende l’altro ma prende quello in cui sono seduta io :) E’ pazzesco ma è cosi che funziona.
Scendendo vedo quel sentiero dietro al rifugio che porta in Svizzera e decido di fare 4 passi di li. E’ in piano per cui va benone. Mi permetto qualche foto ai fiori (le orchidee sono bellissime!) e poi torno sui miei passi.
Alla macchina non riconosco piu’ il parcheggio. Non oso pensare cosa sarà qui d’estate. Già io non sopportavo le urla dei papa’ che giocano con i figli, come faranno loro? Mah …
Rientro a Milano tranquillo. Benza in Svizzera cosi il viaggio mi costa un po’ di meno.
A casa inizio a pensare alla settimana prossima, inizio a preparare le cose del campeggio …
Il ginocchio: un piccolo dolorino. Per adesso ghiaccio e vediamo domani ...
09 giugno 2008
Monte Due Mani – 1.657 m – 8 Giugno 2008
E poi la domenica non sembra poi cosi brutto il meteo.
E poi non ce la faccio piu’.
Mi cerco una meta facile, poco dislivello, un sentiero che conosco. La scelta del Monte Due Mani è quasi obbligata. Ci sono salita un paio di volte: la prima con Andrea, doveva essere una gitarella tranquillissima invece ci siamo incasinati sul traverso e alla fine siamo saliti con i ramponi.
L’altra … c’era Chicco ... e un po’ di magone mi viene ancora …
Andrea mi telefona sabato sera: vengo anch’io?
Come no :)
Oltretutto mi offre il supporto della sua macchina cosi da non essere preoccupata per un eventuale rientro ginocchio-dolorante. Solita tiritera sull’orario ma alla fine decidiamo.
La scelta del bar per bere il caffè ci porta in tanti posti … o chiusi, o con parcheggio pieno o esistenti soltanto nella nostra memoria.
Ok, ho dietro sia torta che caffè e ci arrangiamo da soli al parcheggio.
Una botta di fortuna: rimane giusto giusto un posticino :)
Mangiamo la torta, beviamo il caffè, Andrea si rimette i calzoni lunghi mentre io mi scarpono.
E mi accorgo che c’è qualcosa di strano nell’aria. Non capisco. E’ un fastidio ma non capisco … O cribbio … PIOVE!!! Siamo sotto gli alberi per cui le gocce non ci raggiungono ma fanno una bella musichetta battendo sulle foglie.
Andrea è proprio cambiato perché, constato la cosa, ci sorridiamo e partiamo. Una volta non sarebbe neppure partito di casa con un tempo cosi incerto.
Ricordo che, nonostante le due volte precedenti fossero in inverno, ho avuto la sensazione che ci fosse una buona fioritura, e cosi è.
Non fotografo, per scelta. La meta è vedere come arrivo in cima, come ci arriva il mio ginocchio. Andrea qualche foto la fa ma cerca di starmi sempre vicino.
Al colletto ci fermiamo un momento. E li mi sfogo. Andrea si becca l’ennesimo mio sfogo e ascolta con interesse e pazienza quello che gli racconto. Mi conforta e mi dice cosa ne pensa.
Le cose che gli racconto hanno, tra l’altro, le ferie come soggetto e da qui, a fare i programmi, il passo è breve.
Io non amo programmare, ma visto il momento che sto passando (e quando mai un periodo mi è favorevole????) mi fa bene pensare che, almeno sulla carta, le possibilità ci sono. E cosi si decide di iniziare a prenotare un paio di rifugetti, a mettere giu’ date che, volere o volare, quest’anno devono essere programmate con anticipo.
Intanto abbiamo ripreso la salita. I fiori sono bellissimi e penso con dispiacere che forse al ritorno non avro’ la possibilità di fotografarli, ma mi impegno e continuo a salire. Il ginocchio si sta comportando benissimo e se riesco a salire chiacchierando vuol dire che l’allenamento non è perso del tutto, anche se sto salendo lentamente.
Arriviamo in cima che pioviggina. Proseguiamo per la facile cresta e ci affacciamo al bivacco: pieno. Fa niente, abbiamo tempo. Aspettiamo che si liberi una panchetta.
Pian piano escono e noi iniziamo il nostro pasto. Ogni tanto il sole fa capolino. Ci vorremmo fermare qui in cima un po’, tanto per goderci il panorama e usciamo macchina fotografica in mano. Pochi fiori in cima ma voltandoci … Che nero! E un tuono ci saluta. Scendono tutti di corsa, noi invece tiriamo fuori la cartina e ci mettiamo a guardarla.
Alla fine pero’ è ora di scendere, io saro’ lenta e lo sappiamo.
Appena incontriamo il bosco inizia a piovere. Guscetto e copri zaino e continuiamo a scendere. Ci fermiamo lo stesso alla selletta, sotto i faggi (piove, non è temporale) dove non passa una goccia.
Riprendiamo la discesa, vedo tutti quei fiori e il cuore mi si stringe. Dopo poco pero’ esce il sole, e allora via la roba impermeabile e fotografo gli ultimi fiori che trovo sul sentiero.
Gita corta, sempre molto bella. Sono contenta del mio ginocchio, si è comportato abbastanza bene anche in discesa. E allora … Alla prossima!!!
14 maggio 2008
FATTO !!!
Il bello di quella anestesia è stato pero' che è durata fino a notte fonda; il brutto che mi hanno dimesso alle 18:30.
Sono qui a casa, con la gamba dolorante, il ghiaccio sul ginocchio e le braccia doloranti per le stampelle. Ma lo sapete che è faticosissimo camminare con le stampelle? Non parliamo poi dei gradini .....
Vabbeh, basta lamentele. Ancora qualche giorno e poi il percorso dovrebbe essere tutto in salita.
A prestissimo!
Silvia
28 aprile 2008
Val Formazza, Rifugio MariaLuisa – 2.157 m – 26 Aprile 2008
Passando per la Val Formazza vedo tutti i prati in fiore, un sacco di cartellini, tante persone che si avviano lungo i sentieri. Con la coda dell’occhio vedo sentieri corti, 40 minuti, un’ora, insomma: quelli che per oggi sono adatti a me.
Ma no, continuo imperterrita verso Riale; è troppo tempo che manco e ho una gran voglia di vedere il nuovo centro di fondo.
Me la prendo con calma, mi fermo a Premia a fare colazione e poi salgo.
Man mano che si sale cambia l’ambiente. I prati si fanno piu’ gialli, le macchie di neve aumentano fino ad arrivare ad un paesaggio ancora invernale.
Al parcheggio c’è ancora tanto posto. Non prendo lo zaino, vado prima a vedere se è il caso di portare le ciaspole.
Il centro di fondo è davvero nuovo nuovo. Doccia a 2 €, servizi molto confortevoli e un’odore di nuovo pervade tutto l’edificio.
I prezzi non li chiedo, ho visto su internet che sono piuttosto cari e non hanno un dormitorio … Sob!
Ma … incredibile a dirsi ma qui, al 26 di aprile, si scia ancora! L’aria è frizzante e la neve abbondante. Non c’è tantissima gente sulle piste, sono forse di piu’ gli scialpinisti ed i camminatori che si avviano sulla strada per il MariaLuisa.
Torno alla macchina pensando a quali scarpe mettere. Leggere o pesanti? E mi porto le ciaspole? La strada è battuta ma immagino che rientrando la neve sarà pappa e non mi sembra il caso di sollecitare il ginocchio.
Deciso: scarpe pesanti e ciaspole.
Mi scarpono, chiudo macchina e zaino e, mani in tasca, parto.
Mani in tasta?
Uffi, ho lasciato i bastoni in macchina!
Torno, prendo i bastoni e riparto.
Metto piede sulla neve senza ciaspole ma vedo che cmq un pochetto si affonda.
Mi ciaspolo e parto. Non faccio deviazioni, la prendo molto comoda. Ora tutta la strada è al sole e non c’è moltissima gente che sale (o che scende).
Tira una leggera brezza che pero’ mi fa venire un po’ freddo. Mi fermo e metto la maglia con le maniche lunghe. Durante il cambio, metto la macchina fotografica sullo zaino, se la metto per terra ho paura che si bagni.
Riprendo piano piano, fotografando un po’, pensando ai fatti miei.
Ora pero’, nonostante la brezza, mi viene caldo. Tolgo la maglia, sempre mettendo a tracolla dello zaino la macchina fotografica.
Riprendo. Il panorama è splendido, il cielo è velato ma la giornata si preannuncia super. Mi impomato in continuazione.
Si apre il panorama. Si vede tutto il lago e si intravede il Passo di Nefelgiu’ … cià che fotogr…
Ca@@o! La macchina fotografica non è appesa al mio collo.
Realizzo subito che, l’ultima volta che mi sono cambiata non devo averla rimessa a tracolla e allora, fregandomene del mio ginocchio, mi fiondo verso valle dandomi della cretina ad alta voce.
Poi mi viene un dubbio, o meglio, una speranza: che sia ancora appesa allo zaino? Tolgo uno spallaccio ma non c’è.
Ca@@o! Ma come si fa ed essere cosi stupide, sacramanento mentre scendo, tanto lo so che non la ritrovo :( :( :(
Qualcosa mi batte sulla spalla … fiuuuuuuuuuuuuuuu! E’ lei, che era rimasta a tracolla dello zaino ma dall’altra parte rispetto a dove avevo guardato.
Non avete idea del respiro di sollievo. Mi calmo, ritorno in me stessa, risalgo i (per fortuna) pochi metri che avevo sceso e faccio la mia foto.
Devo procurarmi una macchina di scorta, ormai è d’obbligo!
Continuo lentamente a salire e piu’ salgo e piu’ l’aria cala e fa meno freddo. Arrivo al rifugio? Mah … vediamo appena scollino.
Inutile farla lunga, sono ovviamente arrivata al rifugio e, dopo essermi rifocillata, sono salita pure alla diga :)
Trovo un posticino dietro al rifugio riparato per mangiare e crogiolarmi al sole. Mi fermo almeno un’oretta, poi alla diga a fare un paio di foto e lemme lemme inizio la mia discesa.
Avevo ragione, si sprofonda ed io cerco di salvare il mio ginocchio.
La cosa peggiore è la quantità di tempo che ci si impiega a fare le cose :(
Scendendo mi superano un po’ di persone, uno scialpinista mi chiede se ho visto una ragazza: sa, l’ho persa!
2 signori davanti a me, purtroppo lei è lenta come me, non fanno che battibeccare. Prendono una scorcia solo che lei ci impiega di piu’ che fare la strada normale e non la piantano di beccarsi. Lei ha le ciaspole, rigorosamente bloccate. Ma a che serve? La ascolto e penso di dirglielo. Cerco la forma migliore ma quando l’affianco è talmente antipatica che non me la sento. Affianco poi il compagno. C’è un tornante un filo ripido. Lui lo fa con attenzione e lei si preoccupa. Lo raggiungo, da una parte vorrei dire a lui la faccenda delle ciaspole, se le sblocca va molto meglio, ma non faccio in tempo ad alzare il viso che mi sento dire: si sposti!
Si sposti?
Lo guardo interrogativamente mentre lo scialpinista, che avevo ben visto, mi sorpassa senza problemi.
Si sposti?
Vabbeh, Dio li fa e poi li accoppia. Per fortuna si fermano, lei deve riprendere fiato, ed io me li tolgo di torno.
Intanto fotografo … fotografo … fotografo … Mi raggiungono 2 signori apostrofandomi: “è la duecentomillesima foto di oggi?” per sottolineare la splendida giornata. Ah si, mi sono dimenticata di dirvi che il velato è completamente scomparso ed ora abbiamo un cielo blu fantastico.
Il signore raccontava prima alla sua compagna che la chiesetta di Riale, che sembra messa lassu' apposta, in realtà era dove adesso c’è il lago. Non ho capito se è stata spostata oppure ricostruita, ma questo non lo sapevo, mi dovro’ informare.
Ora fa davvero caldo. La crema che ho continuamente messo deve essere scaduta perché sento il collo e le braccia bruciare.
La neve è pappa, il caldo da fastidio ma per fortuna sono arrivata.
Che giornata! Io che non pensavo piu’ di mettere le ciaspole questo inverno mi sono invece ritagliata una splendida gita!
23 aprile 2008
Val d’Intelvi – 20 Aprile 2008
Il giorno prima mi chiama Andrea: allora, te la senti? Partiamo da 900 m.
:)
“Si si, pero’ io mi fermo al rifugio e tu sali in cima” queste sono le mie condizioni.
E devo camminare piano piano, quindi sarà una gita piu’ dedicata alle foto.
Per Andrea va tutto bene per cui concordiamo. Sabato sera sento il meteo e dicono che verrà brutto da metà mattina; messaggio di partire mezz’ora prima.
A Milano la mattina si preannuncia splendida, speriamo che anche a Como la situazione non sia negativa.
Il primo scoglio a Cernobbio: via chiusa e ci perdiamo un momento nelle deviazioni ma ritroviamo quasi subito la strada.
La carreggiata si fa piu’ stretta man mano che procediamo e alla fine concordiamo sul fatto che forse era meglio fare la strada piu’ lunga ma sicuramente piu’ comoda e la faremo al ritorno.
Arriviamo con calma, con calma mettiamo gli scarponi e chiacchierando e fotografando saliamo.
Ci mettiamo un tempo infinito ma non me la sento di forzare la gamba. Poco prima del rifugio ci troviamo di fronte ad un ostacolo: una piccola lingua di neve ma su traverso (con sotto l’erbetta quindi rischio di scivolo abbastanza alto) oppure salire, anche se di pochi metri, il ripidissimo prato. E qui ti rendi conto di come non convenga andare troppo in giro con la gamba a funzione ridotta :(
Scelgo il male minore: la neve.
Parte Andrea che fa i passetti piccoli piccoli in modo che quando passo io non mi costa nessuna fatica … che uomo!
Al rifugio ci fermiamo un po’, poi accompagno Andrea alla base della salita al Sasso.
Io intanto mi muovo li, sul sentiero a mezza costa e pianeggiante, fotografando un po’ qui e la. Sinceramente mi aspettavo un po’ piu’ di fiori, ma non mi lamento.
Andrea è velocissimo e in breve ritorna al rifugio. Mi faccio raccontare tutto, quest’autunno torno per salire la cima!
Pappa.
Cimetta dietro il rifugio e altre foto
Il rientro lo facciamo dalla strada, sempre per riguardo al mio ginocchio.
Gita tranquillissima, finita con un ottimo gelato ad Argegno.
Un grazie ancora ad Andrea che anche in questo frangente si è dimostrato un grande amico! In quanti sarebbero stati disposti a rinunciare ad una passeggiata finalmente seria dopo mesi di inattività?
10 aprile 2008
Addio sogni di gloria …
La cosa che ormai sembra certa è che deve essere operato. Su quello che decideranno poi di fare è ancora tutto da vedere: ricostruzione del legamento o “semplicemente” rimozione della parte di menisco lesionato.
In entrambi i casi i tempi di recupero non sono poi lunghissimi, lo è pero’ la lista di attesa.
Questa estate quindi niente Petit Tournalin, niente Marmolada, niente Tresero, niente Emilius, niente 4000, niente ghiaccio, forse qualche arrampicata dove il ginocchio non è poi cosi essenziale ma anche su questo fronte vedremo.
Cosa mi rimane?
Foto di fiori, ma a quote basse.
Forse qualche utilizzo degli impianti per la discesa … insomma: un’estate tutta da reinventare.
Che sia venuto il momento di andare a fare la turista?
Chissà se anche la bici mi è vietata …
07 aprile 2008
Frasnedo, Tracciolino, San Giorgio– 6 Aprile 2008
La meta è la Val dei Ratti, un’uscita in avanscoperta per poi passare ad un progetto che ho nel cassetto da un paio d’anni: andare al Rifugio Volta e da li, il giorno successivo, scendere in Val Codera.
Il rifugio pero’ mi sa che non è aperto, nel senso che devi andare a prendere le chiavi mentre, un po’ piu’ in la c’è il bivacco Primalpia. Si, sarà un po’ piu’ lunga ma non dovrei avere l’inghippo di andare a prendere e riportare le chiavi.
Parto presto, con calma, il treno è quasi vuoto. Poco prima di Calolziocorte si ferma. E non riparte. Cavolo: un quarto d’ora di ritardo :( la coincidenza a Colico non ci aspetterà di certo.
Pazienza, speriamo che il treno successivo ci sia presto.
E invece, arrivati a Colico, eccolo li il trenino, fermo sul primo binario tronco :)
Salgo contenta, un quarto d’ora di ritardo sulla mia tabella di marcia non mi cambia di molto la vita.
Il programma: risalire la Val dei Ratti fino alle 13, quindi sosta pranzo e rientro. Poi vedro’ se dal Tracciolino o ancora da Verceia.
Il trenino arriva, scendiamo in pochissimi e scende anche la capa treno che sorridendo ci chiede se veniamo da Milano con il treno in ritardo. Si … ecco, allora dovete ringraziarmi che ho aspettato a far partire il treno … :) Grazie grazie grazie!
Non so da dove parte il sentiero ma lo trovero’.
Una signora scesa con me inizia a chiedere. Io intanto sto trafficando con il mio orologio che ha delle scritte che di solito non compaiono e la signora rallenta, si ferma a guardare i fiori … alla fine capisco: vuole che vada avanti io a fare strada.
Ma lei non sa con chi ha a che fare!
Arriva il cartello e giro. C’è un bivio e siccome la relazione dice che parte la ripida mulattiera giro. E mi ritrovo davanti ad una fontana in mezzo a case e macchine.
Ok, si torna indietro. Continuo sulla strada e poco dopo la curva eccola la vera mulattiera.
A volte è davvero ripida, incrocia ancora parecchie volte la strada e in un paio di punti non si capisce nemmeno se quello è il sentiero ma alla fine arrivo ad incrociare la carrozzabile un’ultima volta e poi il sentiero.
Salgo tranquilla e sono sola. Arrivo ad un punto che chiamerei di ristoro e i ricordi tornano alla mente. Qui mi ricordo che mi ci sono fermata ad una gita GAM … Quanto tempo è passato! Quanti m di dislivello sotto gli scarponi …
Pausa barretta e poi via di nuovo. Arrivo al incrocio con il tracciolino, i soliti cartelli di divieto (che sono pero’ nuovi nuovi) e il trenino sul triangolo.
Salgo. Incontro la frazione prima di Frasendo. Una signora impegnata con l’orto mi saluta, Scambiamo 4 chiacchiere. “Con il passo che ha ci vorranno solo 20 minuti per salire a Frasnedo”.
Beh, le due ore dal cartello iniziale le ho già superate. Faccio foto, è vero, ma sono anche 1.000 m di dislivello, difficile che lo faccio in 2 ore.
Come volevasi dimostrare arrivo a Frasnedo in circa in doppio del tempo stimato dalla signora.
Uff … Tra foto e lentezza i miei tempi stanno peggiorando; dovro’ decidermi un giorno a lasciare a casa la macchina fotografica e vedere se sono davvero cosi lenta.
Cmq pazienza. Proseguo. Il mio obiettivo è di andare oltre solo che adesso fa freddo.
Mi incammino sulla mulattiera che scende dolcemente. La valle è davvero stretta e selvaggia, nonostante qui e la si vedono dei casolari.
Girando un angolo sento un rumore di cascata: una scenda da paradiso terrestre proprio li, dall’altra parte della valle! Rimango a bocca aperta! Questa valle mi piace sempre di piu’.
Dopo le foto di rito mi rendo conto ogni tanto qualcosa di bianco mi balena davanti agli occhi.
Ma no, mi dico.
Sono sempre piu’ insistenti ed il freddo è abbastanza intenso.
Devo capitolare: inizia a nevischiare.
Mi fermo ad un incrocio, che non trovo sulla mia cartina. Mangio qualcosa, la torta, altro non mi va giu’, e decido di abbandonare l’impresa.
Mentre medito sul rientro ci penso: perché no? Anche se dovesse piovere quella strada la conosco.
E allora la decisione è presa: si torna dal Tracciolino e San Giorgio.
Non mi dilungherò oltre, solo per dire che non ricordavo cosi tante gallerie, che la mia “claustrofobia” ha subito una bella prova, soprattutto nella piu’ lunga visto che dalla mia parte non c’è stato verso di trovare l’interruttore della luce e, ovviamente, la frontale aveva le pile un pochetto scariche; certo, potevo cambiarle, ma tanto fa la pigrizia che ho preferito combattere con la claustrofobia. Poi dall’altra parte è arrivata gente che ha acceso la luce e un pochino mi è pure dispiaciuto.
Tra foto e gallerie è arrivato anche il bivio di San Giorgio, dove mi sono fermata per il pranzo.
Per scendere alla stazione ci ho messo un po’ di piu’ del previsto … Ho dovuto mettere la ginocchiera … BUUUUUUUUUAAAAAAAAAAAAHHHHHHHHHH!!!!!
30 marzo 2008
Monte Salmurano – 2.269 m – 30 Marzo 2008
Chi mi conosce sa che amo questa valle e la cima che Simone pensa di salire è in una zona che conosco molto poco. Sono un po’ agitata al pensiero di salire con cosi tanti ragazzotti (non sappiamo bene chi ci sarà) ma poi penso che, mal che vada, la traccia da seguire ce l’ho.
Arrivo con calma all’appuntamento, diciamo che mi sono presa il quarto d’ora accademico, tanto il ritardatario c’è sempre :) solo che questa volta mi manda un sms, mi telefona …. Insomma, proprio non ci si riesce ad arrabbiarsi con Simone e Nicoletta, anche a mettercela tutta proprio non ce la si fa.
Alla fine altri hanno dato forfait per i piu’ disparati motivi per cui, oltre a noi 3, c’è solo Giovanni, un amico di Nicoletta (meglio precisare …. !)
Colazione in un bar molto bello ma affollatissimo; per fortuna le ragazze sono velocissime, come pure lo è stata la coda in bagno, e prima delle 9 siamo a Pescegallo.
Cribbio! Non ho mai visto il parcheggio cosi affollato! Oltretutto qui l’impianto per lo sci di discesa è davvero minimo; e’ vero che le scialpinistiche qui si sprecano, ma cosi tante macchine proprio non me l’aspettavo. Il giornaliero costa 21 € ma non so mica se è conveniente rispetto alle piste presenti; per me lo è sicuramente per cui lo terro’ presente quando mi decidero’ ad imparare un po’ di sci da discesa. (Se volete maggiori info, le trovate qui: http://www.valgerola.it/impianti.htm)
Giovanni in 5 minuti è già pronto e aspetta pazientemente:
la Silvia che non riesce a capire come diavolo si infila quest’arva
La Nicoletta che, avendo gli sci nuovi, non ha ancora capito come si mettono le pelli.
Il Simone che deve aiutare entrambe … :)
Bene, dopo i dovuti casini si parte.
Mi sento a casa. Ho visto sulla cartina e letto le relazioni e, strano ma vero, so piu’ o meno da che parte andare. Proviamo gli arva appena arrivati sulla neve e poi su. Prima per prati, poi per strada, poi si gira a destra prima del lago di Pescegallo. Qui si impone una decisione: Ponteranica o Salmurano? I locals ci dicono che le difficoltà sono simili ma il Ponteranica è piu’ lontano. Simone mi sembra piu’ orientato al Salmurano e anche Giovanni perché ci hanno detto che la discesa è migliore.
Mi incammino seguendo la traccia. Si fa un bel giro largo e quando finalmente sbuco nella valle in cui vedo la via di salita tiro un respiro di sollievo: è alla mia portata!
Faccio il fanalino di coda.
Ah, dimenticavo, sono la sola con le ciaspole. Al parcheggio mi sono posta il problema di dove salire: a lato traccia o dentro? Poi mi sono resa conto che qui il problema non sussiste;
la gente è tranquilla e contenta; mi lasciano il passo anche quando spetterebbe a loro la precedenza;
non mi dicono nulla, anzi, confrontiamo lo zoccolo che si forma a me sotto la ciaspola con lo sci della ragazza incontrata mentre scendevo.
Bene, arrivo in cima tutta soddisfatta, mi sono mangiata una barretta salendo e ora sto bene. E per fortuna, perché lassù tira una bella aria. Ci facciamo fare la foto di rito e poi inizio a scendere, concordando di trovarci un po’ piu’ sotto per mangiare qualcosa.
Solo che ci siamo capiti forse male perché mi chiama Giovanni dicendomi che non si scende da dove si è saliti.
Poco male, gli dico che ci si vede alla macchina. Tiro un respiro di sollievo perché cosi loro 3 almeno si godono la discesa.
Mi chiama Simone: riesci a fare il traverso per venire qui? No, grazie, o meglio, si che ci riesco ma preferisco scendere da dove sono salita. Insiste, non vuole che scendo da sola ma io insisto a mia volta: la traccia è bella e molto evidente; non c’è nessun pericolo oggettivo e sanno dove sono.
E cosi scendo da sola. Che bello! Ero proprio sola sola e mi sono goduta tutta ma proprio tutta la splendida camminata sotto un sole che, come capita spesso in Val Gerola, va e viene.
Unico neo è stato il fatto che, essendo da sola, non mi sono fermata a mangiare se non dei biscotti con la tisana. Meglio, cosi mi sono allenata un po’ di più.
Alla fine il cazziatone di Simone me lo sono presa, e aveva ragione: dovevi osare di piu’, se non lo fai in queste gite tranquille … Chissà se imparerò mai a sfruttare le occasioni?
Faccia ustionata, a casa presto, rilassata e serena.
17 marzo 2008
Garzonera – 1.973 m – 16 Marzo 2008
Arrivo all’appuntamento e si decide per la Svizzera. Ho messo in conto di prendere acqua sia all’andata che al ritorno per cui, quando vediamo gli scrosci che accompagnano il nostro avvicinamento non mi preoccupo piu’ di tanto. L’idea di Alby è quella si salire in alto cosi, invece della pioggia ci becchiamo la neve.
La meta è quella che doveva vederci li a dormire la scorsa domenica, e cioè la Capanna Garzonera.
Arriviamo a Nante e per terra c’è un sottile strato di neve. Ci prepariamo e partiamo. Mettiamo le ciaspole subito e subito Birillo, un bellissimo cane grigio, inizia il percorso con noi.
Il tempo è bigio ma quando mi giro vedo un pochino di azzurro …
La prima parte della strada è quasi in piano e ci vuole circa un’ora per arrivare alla salita. Mettiamo i coprizaini (dentro nel bosco gocciola che è una meraviglia!) e tiriamo su gli alzatacchi.
La traccia è flebile ma si riconosce nonostante la recente nevicata. In compenso, la recente nevicata rende l’ambiente meravigliosamente candido.
E intanto il cielo si fa sempre piu’ blu …
Birillo gioca con la neve, si butta giu’ da pendii ripidissimi per sbucare fuori con il muso sporco di neve. Il sentiero ora si fa piccino e Birillo insiste per stare tra Alby e me.
Arriva il traverso. Mica male la pendenza! Alby ribatte la pista alla perfezione ma arrivati in un punto critico la neve sotto la ciaspola scivola sullo strato di neve piu’ dura sotto e lui parte … Rimandano entrambi calmi e, scopro poi, abbiamo pensato la stessa cosa: quel cespuglio! Deve/o aggrapparmi li per fermarmi.
Ovvio che è stato molto piu’ semplice per me stare calma, ma Alby non si è per nulla scomposto. Si rialza, ferma le ciaspole e risale, non senza fatica, la scivolata.
Io invece mi tolgo le ciaspole per passare da li, la ciaspola fa troppo effetto sci e non mi fido.
Ancora un pezzetto di traverso e poi il sentiero torna tranquillo … E noi siamo al sole!
E si, la giornata è girata al bello.
Birillo continua ad accompagnarci restando rigorosamente tra di noi.
Il manto nevoso è candido ed immacolato, è un vero spettacolo!
Arriviamo alla capanna, un po’ di foto e poi dentro ad accendere il fuoco, a chiacchierare e mangiare.
Quando finalmente ci decidiamo ad uscire scopriamo che Birillo non ci ha aspettato… Beh, tutti i torti non li aveva, star li da solo che senso aveva?
Scendiamo.
Avevamo visto un bivio piu’ basso che probabilmente ci avrebbe evitato il traverso. Consulto e decidiamo di provarlo.
Ma dopo poco il dubbio viene ad entrambi: sbucherà la dopo il bosco? Siamo senza cartina (dimenticata in macchina …) Si dovrebbe poter fare ma prendiamo all’unisono la decisione di rifare il traverso.
Che strano … sembra MOLTO piu’ breve di stamattina! E poi ora la neve è piu’ battuta e piu’ molle per cui non troviamo problemi nel procedere.
Arrivati al pianoro scopriamo che, udite udite, degli sci alpinisti hanno usato la nostra traccia! Hanno camminato sulle nostre impronte!!! :)))))
La discesa è lunga ma chiacchierando arriva alla fine.
Salutiamo un paio di signori del posto che ci apostrofano: giornata umida, eh?
Beh, noi eravamo alla capanna con il sole … Ma dai? Evidentemente quaggiu’ il tempo è stato meno clemente.
Tra la salita e la risalita abbiamo fatto circa 800 m di dislivello ed il ginocchio si è comportato benissimo!
E allora viaaaaaaaaaaa!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
09 marzo 2008
Fiori di Canzo – 9 Marzo 2008
Prendo il telefono. L’agitazione è tanta e non capisco se non vedo il numero perché sono miope e senza occhiali o per la presbiopia, sta di fatto che non riesco a rispondere.
Intanto il neurone rimasto è tornato in circolo e riesco a leggere chi mi chiamava: Alby.
C@@@o!
Lo richiamo: non ha suonato la sveglia. E non capisco perché.
Molto gentilmente Alby mi diche che se chiama Giuseppe e Tilde mi aspettano, ma io faccio 2 conti. Anche se non faccio colazione ho il gatto da sistemare, non riesco ad essere all’appuntamento prima di un’ora. Ringrazio ma non me la sento di farli aspettare cosi tanto.
Mestamente cerco di tornare a letto ma Isi non ne vuole sapere: ti sei alzata e ora mi dai la pappa!
Non ho proprio voglia di discutere, gli do i suoi croccantini e me ne torno a letto.
Intanto ho scoperto il mistero della sveglia che non ha suonato. Non mi fosse capitato in precedenza, non ci avessi pensato ieri sera quando montavo la suddetta …. la radio si è puntualmente accesa … solo che non c’era nulla in onda … :( Questo mi servirà per i prossimi anni ricordandomi di mettere le sveglie doppie. Fino alla prossima volta in cui ci caschero’ di nuovo.
Rimugino sul da farsi.
Dormire fuori non mi sarebbe per nulla dispiaciuto, avevo proprio bisogno di staccare e cosa c’era di meglio che dormire in una capanna, d’inverno, in rifugio non gestito?
Inutile pensarci ancora, andiamo a Canzo a fare foto ai fiori.
Treno delle 9.
Pace.
Sul treno incontro Stefano. Solito caffè insieme, solito inizio di sentiero insieme poi io giro per il sentiero 7, quello dopo il ponte pero’.
Inizio subito le foto, i fiori sono tanti ed il tempo nuvoloso permette le inquadrature piu’ disparate.
Dietro di me sento un papa’ che bestemmia (giuro che ha fatto anche questo) urlando come un pazzo dietro i figli.
Salendo penso che tra un po’ li lascero’ in basso mentre io salgo e continuo a salire pian piano fotografando. Pero’ le voci invece di allontanarsi si avvicinano fino a che sento l’abbaiare di un cane proprio dietro di me. Mi giro e, sempre tra gli urli del padre, vedo 3 ragazzini con cane che mi tallonano.
Mi fermo, li faccio passare penso, ma loro no, si fermano, stiamo aspettando gli altri mi dicono.
E no, con questa caciara non ci sto: allora legate il cane, oppure andate avanti. Non so perché me la sono presa con il cane (a parte il fatto che suo abbaiare furioso era piuttosto fastidioso) ma la cosa ha sortito l’effetto voluto. Alla fine sono tornati indietro ed io torno alla calma del bosco, al canto degli uccellini e alle mie fotografie.
Non incontro piu’ nessuno ma salendo … raggiungo le nuvole.
Vedo un bivio che, nella mia testa, dovrebbe portare al quel rudere dove hanno messo tavoli e panche protette da porticato. Mi incammino, ma sale sale sale e alla fine penso sia meglio rientrare, vedere dove sbuca il mio sentiero n. 7 e poi prendo quello percorso in salita la scorsa domenica.
Solo che sbuco fuori dal bosco e la visibilità è di pochi metri.
So che la strada è li, lo so perché conosco bene queste parti, ma non la vedo ancora. Poi sento vociare, il sentiero non è piu’ marcato ma, andando a naso, incontro lo stesso i segni e sono sulla strada.
Mi incammino cercando l’altro sentiero … ma non c’è.
Sono piuttosto spaesata. Ero proprio sicura che fosse di qui, ma il sentiero non c’è.
Cribbio.
Torno indietro. Scendo vicino a dove sono salita, lo so che non è quello il sentiero ed in effetti mi reimmetto sul sentiero di salita. Uffa. Solo che piove, non ho voglia di tornare su a cercare quel maledetto imbocco e allora scendo da dove sono venuta.
Poco male, non ho molta fame, il ginocchio risponde benone ed il terreno non è ancora particolarmente fangoso.
Arrivo giu’ molto velocemente e, sulla via di casa, rincontro Stefano, con cui faccio il viaggio di ritorno.
Andiamo a prendere il treno ad Asso e li troviamo il trenino a vapore che avevamo visto anche all’andata. Un po’ di foto, ricordi di gioventu’ quando, in una cittadina turca, trovanno il trenino a vapore ed il macchinista che ci fece salire, ci spiego' con orgoglio come funzionava e ci offri' un passaggio, anche per la macchina per il giorno seguente … Ah i ricordi!
03 marzo 2008
Cornizzolo, i primi fiori – m. 1.240 – 2 Marzo 2008
Visto il mio ginocchio e la situazione primaverile, questa domenica la dedico alle foto dei primi fiori.
Dove?
Che domande …
L’idea è di salire dal sentiero che passa da San Miro. Lo hanno riaperto da non molto, e devono anche averne cambiato l’itinerario visto che le roccette raccontatemi da Chicco non le ho trovate.
Chicco. Permettetemi un pensiero per lui. E’ un anno dall’incidente che ce lo ha portato via. Penso ancora spesso a lui. Quando torno a Canzo non posso esimermi dal sentimento di nostalgia che mi pervade. Spero che sia davvero lassù a guidarci nelle nostre peregrinazioni montanare.
Ciao Chicco …
Fa caldo. Prendo il treno delle 9, non vale la pena di alzarsi presto.
Arrivo a San Miro con un po’ di gente ma nessuno prende il sentiero.
Sembra bello. Passa accanto al torrente e subito mi rendo conto che le maniche lunghe non fanno per me.
Mi fermo. Arriva un signore che mi supera. Mi cambio. Arrivano ora dei ragazzini con papà. Uff! Ma quanto è affollato sto sentiero! Ma il gruppetto si ferma presto ed io continuo a camminare da sola.
Il sentiero attraversa piu’ volte il torrente, è davvero meraviglioso!
Ad un certo punto mi viene il dubbio su dove proseguire: attraversare il torrente e prendere quella traccia di la o rimanere di qui.
Non vedo segni, l’ultimo è da questa parte del torrente per cui proseguo.
Poco piu’ avanti vedo il signore che mi ha superato prima e penso: o abbiamo sbagliato in 2 o siamo sulla traccia giusta.
Pero’ di segno non ne vedo. C’è una frana. La si supera ma non è agevolissimo. La traccia si perde.
Il signore davanti a me si ferma e mi aspetta. Lo raggiungo. Abbiamo entrambi il dubbio di aver sbagliato. Gli racconto del punto del bivio, ma lui non l’ha notato.
Decidiamo di tornare e intanto chiacchieriamo. Arriviamo al bivio ed in effetti il sentiero giusto è di la dal torrente.
Intanto ci presentiamo: piacere, Domenico.
Piacevolissima compagnia. Bellissimo sentiero. Sbuchiamo fuori un po’ prima del rifugio e Domenico mi accompagna sulla cima del Cornizzolo.
Non è mai sceso dalla cresta per cui, dopo la pausa pranzo, scendiamo insieme. Sulla cresta ci sono punti di vento davvero forte. Il Rosa è li bellissimo che ci guarda. In Grigna e sul Resegone c’è ancora un pochino di neve.
Con calma, visto il mio ginocchio, scendiamo cercando di capire io dove ha lasciato la macchina Domenico e lui dove diavolo vado a prendere il treno.
Alla fine abbiamo capito e avevamo ragione entrambi, perché io parlavo della stazione FS di Canzo mentre lui di quella di Asso.
Ci fermiamo per i saluti nei dintorni della stazione e mi scappa l'occhio sul suo orologio: perdo il trenoooooooooo!!!!!!!
Ma no che no fatto in tempo a prenderlo. E a Canzo salgono Stefano e Fabrizio.
Gran chiacchierata con Stefano, mi accompagnerà sullo Zuccone Campelli appena va via la neve …
Ecco, si ricomincia :)
25 febbraio 2008
Crocette (Val Quarazza) – m. 1.360 – 24 Febbraio 2008
Ha ragione.
Parto sabato sera, arrivo intorno alle 22. Chiacchiere sul divano fino a mezzanotte e poi nanna.
La mattina prepariamo gli zaini e ci avviamo verso la macchina per raggiungere Paolo e fare colazione insieme.
La macchina non parte.
Acci.
Argo è con noi, tranquillo in macchina.
Proviamo con i cavi della batteria dopo aver tirato fuori la macchina dal box.
Niente da fare. Intanto chiamiamo Paolo che passa a prenderci.
Colazione e poi Macugnaga. Una commissione in paese e poi iniziamo la nostra passeggiata. Argo è il protagonista. E’ il cane che mi piace di piu’ e Argo sa come farsi voler bene. E’ bravissimo, giocherellone come tutti i cuccioli ma ubbidisce abbastanza.
La passeggiata è davvero tranquilla, poca gente e tanto sole.
Arriviamo all’accantonamento (una parola mille ricordi …. ) e Paolo me lo fa visitare tutto, doccia compresa :) E’ spartano ma ch’è tutto, compreso un bellissimo camino.
La zona è bellissima, un torrente che passa di li, tante passeggiate da fare li intorno …. Si, tornero’ molto presto qui!
Paolo è davvero un ottimo ospite, prepara le sedie per svaccarci al sole, stappa un buon vinello e chiacchierando del piu’ e del meno passiamo delle piacevolissime ore. Ogni tanto passa qualcuno. Ogni tanto Argo fa paura a e allora lo si lega.
Passa un gruppo di 15 persone …. La prima volta sulla neve mi vien da dire :)
Sono teneri, per nulla attrezzati e abbastanza sconvolti dalla seppur breve passeggiata. Per loro sarà un’esperienza unica.
E’ ora del rientro. Chiudiamo tutto e ci avviamo verso casa.
Niente dislivello ma tanto sole e una compagnia che, man mano che li conosco, trovo sempre piu’ piacevole.
E poi, vicinissimo a Milano!