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01 settembre 2010

Da oggi in poi mi troverete qui!

Si, cambio nome.
Perchè? Perchè ho bisogno di cambiare la mail di riferimento e non riesco a mettere quella nuova :(
A fine anno le mail di helisilvia.it saranno disattivate e quindi anche il blog del GruppoPassoLento.
Io però non sparisco, ho trasferito tutto qui:
http://blog-helis.blogspot.com/
e ve lo metto in chiaro cosi potete prenderne meglio nota se credete.
Spero continuiate a seguirmi
Con affetto
Silvia

Resegone m 1.875 dalla Cresta della Giumenta e dalla Via Del Caminetto - 31 agosto 2010

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Sono abbastanza soddisfatta di questa giornata anche se era cominciata davvero male.
Mi sveglio con il magone, e non migliora quando arrivo al parcheggio della funivia. Piango mentre salgo e cosi … uff … è questo il sentiero per il Magnodeno? Mah, non mi sembra … ma si, prendiamo questo che tanto oggi non mi va di fare più nulla.
Mugugno mentre salgo. Arrivo ad un gruppo di case bellissime e li il cartello che mi dice che se sono sulla strada sbagliata vuol dire solo che l’ho presa larga ma alla mia prima cima ci arrivo lo stesso.
Ed in effetti ci arrivo ma ci impiego più tempo del previsto. Mmhhhh ma tanto oggi non mi va più di fare nulla.
Peccato, la giornata è fantastica, il vento poco e per nulla fastidioso … ma si, scendiamo al bivio a vedere.
Ancora qualche lacrima poi arriva la fontanella ed il bivio. Beh … che faccio? Come passerei altrimenti la giornata? Via dai … lo sai che se non vai poi ti penti!
E cosi parto per la cresta della Giumenta, un itinerario che avevo adocchiato tempo fa. Prima nel bosco poi esce in cresta dice la mia relazione. La mia relazione fondamentalmente inutile perché non racconta nulla di quello che mi servirebbe :(
Arrivo in cresta. I passaggi sono tranquilli e arrampicabili. Ci sono le catene ma non le uso.
Mi piace sempre di più, altro che il sentiero delle creste! Questa si che è una vera cresta! Sale e scende dai torrioni, passa su cenge esposte e attraversa tra un torrione e l’altro su sentierino esposto. Se soffrite l’esposizione è meglio evitare :)
Ecco che arriva un canale … in discesa. Lo guardo dubbiosa. Non si vede dove va a parare perché le catene sono a metà del canale e non mi sembra scendano giù.
Che fare? Uff … mi attacco alle catene e scendo. Giro intorno al torrione e poi le catene di portano dolcemente a terra :) bello. Il tratto secondo me più difficile.
Trovo anche una croce per strada ma non è la cima del Fò. A dire il vero laggiù vedo un triangolo che svetta e immagino sia quella l’elevazione più alta che questa cresta passa.
Arrivo in prossimità e trovo un rifugio. L’Alpinisti Monzesi? No, è una capanna che non ho mai sentito, la Capanna Ghislandi, tenuta benissimo sia la capanna che i dintorni.
Mi fermo un momento a mangiare la banana e a mandare un SMS poi salgo al triangolo. I cartelli mi lasciano perplessa: indicano la Cresta della Giumenta solo nella direzione da dove sono venuta io … e dove prosegue?
Medito.
Il triangolo è un monumento ai caduti della montagna ma da li non sai va da nessuna parte. Allora mi viene il dubbio che sia davvero la cima del Fò. Scendo ai cartelli ed in effetti indicano li il passo del Fò. Che finisca qui la Cresta?
Mi avevano parlato di un camino e mi viene in mente che si poteva anche salire in vetta. Consulto cartine, GPS e cartelli ma non trovo nulla. Vedo dei cartelli più in alto e salgo a leggerli.
Ferrata del Centenario (fatta, grazie) e via del Caminetto. Che sia questa? Riguardo la cartina e vedo quella che potrebbe essere; in effetti mi porterebbe in cima. Ci provo, quando trovo il caminetto poi decido che fare. Però è data come sentiero attrezzato e non dovrei quindi aver problemi.
Salgo con l’occhio vigile di chi deve vedere il sentiero anche per una eventuale discesa.
E’ ripido ma con i bastoni scendo.
Poi le prime catene. Tutto ok.
Poi si gira … ed ecco il camino … BELLISSIMO!
Dai dai che saliamo! Qui ho usato un po’ di più le catene e le staffe che ho trovato, ma l’ambiente è meraviglioso. Chiusi dentro ma non soffocante. Attrezzato benissimo. Ho solo dovuto usare una volta la 5° mano :( preferisco salvare ancora il ginocchio, meglio che ci rimettano i pantaloni.
Finisce fin troppo presto, ancora qualche catena e poi torna sentiero.
E con questo i miei dubbi. Ma dove andrà a parare? Mi porterà davvero in cima? Cartelli! Ottimo!
Indicano la ferrata e il caminetto, una da una parte, l’altro dall’altra. E io ando’vado? Dritto, non è segnato ma sale e io salire devo.
I miei dubbi durano poco perché presto incontro un altro bivio da cui sale il sentiero n. 1 Ottimo! Sono a posto. In poco tempo sono in vetta al Resegone.
Beh, poco … alla fine per salire, tra sostine e pianti, ci ho impiegato 5 ore e ora sono stanca.
Mi riposo un’oretta e poi la lunga e triste discesa. Le creste ho paura che mi allunghino e il Bobbio no, sono troppo stanca per scendere di li. Purtroppo non ne conosco altre e non mi fido a fare una nuova esperienza da sola proprio oggi.
Ci metto una vita, quasi 3 ore per arrivare alla macchina ma alla fine non è stato poi neanche cosi brutto.
Bellissimo giro, ve lo consiglio! C’è da essere allenati altrimenti potete sempre evitare la cima, dovrebbero essere 3-400 m di dislivello in meno.


Quota partenza: m 620
Quota arrivo: m 1.870
Dislivello secondo Gipsy: m 1.560
Tempo totale di marcia comprensiva di soste e foto: 9h
Km percorsi: 16,3






30 agosto 2010

Grigna Settentrionale m 2.409 dalla Via del Caminetto - 28 Agosto 2010

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Accetto volentieri la proposta di Grandemago visto che venerdì non sono salita in Valtellina. Vengono a prendermi a casa, cosa posso volere di più?
Sono un po’ perplessa quando mi dicono che sono in 8, io non sono più abituata a stare in mezzo a tanta gente ma confido che siano tutte persone simpatiche e alla mano.
Mentre mi avvio all’appuntamento arriva un sms: siamo al bar. E sono in anticipo :) cosa che mi fa sempre molto piacere.
Arrivo e mi aspettano un sacco di sorrisi. Presentazioni e saluti (i nomi non li ricorderò mai!) e poi via. Mi lasciano il posto davanti (GRAZIE!!!) e andiamo verso Primaluna per prendere la strada di Esino che non ho ancora fatto.
Chiacchieriamo salendo, Aldo è davvero alla mano e molto simpatico e ci troviamo subito. Al parcheggio il gruppo (diviso ovviamente in 2 macchine) si compatta, ci prepariamo e partiamo.
Salendo si chiacchiera … chiacchiera … chiacchiera … ma no, non è fastidioso, anzi! Sono chiacchiere piacevoli e il sentiero aiuta. Arrivati al bivio iniziamo a salire, mi fermo per far pipì e cosi mi ritrovo alla fine del gruppo, posizione che mi è sempre piaciuta quando andavo in montagna in “truppa”. Ma alla bocchetta di Prada sono li che mi aspettano :)
Saliamo. Io preferisco rimanere indietro e “discuto” con Esilde su chi debba avere l’onore dell’ultima posizione. Alla fine proseguiamo insieme e chiacchierando scopriamo che ci siano già conosciute, ma dove? Fotografiamo. Mi fa l’onore di chiedermi di fare qualche scatto ai fiori che incontriamo con la sua macchina e arriviamo alla Porta di Prada.
Qui mi assalgono i ricordi, la nostalgia sta per prendere il sopravvento ma no, non posso proprio oggi. Cerco di scuotermi e mi riunisco al gruppo.
Grandemago, che è appunto un grande mago, non ha piacere di fare i saliscendi, anche se sono di pochi metri, per cui ci guida su traversi alquanto improbabili … e i nostri commenti non li risparmiamo certo :) sempre ridendo.
Al rifugio sosta. In molti tiriamo fuori la nostra banana, altri lo yogurt, qualcuno la frutta. Insomma: una seconda colazione in piena regola.
La serenità che avvolge questo gruppo mi stupisce. Non ci sono più abituata. Ultimamente la mia vita è stata talmente incasinata che ho perfino dimenticato il significato di questa parola. Sono ammirata e stupita e contenta di vedere che la vita continua, e può perfino essere serena e tranquilla. Sono contenta di aver accettato questo invito!
Alla ripresa supero le “donne” che rallentano per chiacchierare meglio e raggiungo il gruppo di testa. Sono curiosa di vedere questo camino, soprattutto il masso che ne ostacola il passaggio. La relazione dice che si deve superare sulla destra, dalla foto non vedo molti passaggi ma siccome le difficoltà si fermano ad un EE non sono preoccupata.
Alla base del traverso che porta al camino ci fermiamo per bere, mettere via i bastoni e ricompattare il gruppo.
Nessuno protesta, tutti sono contenti … siamo in 9 e sta andando tutto benissimo …
Lo so che voi ci siete abituati, ma io no e questo affiatamento mi stupisce, molto piacevolmente.
Scendiamo verso il traverso infido ed esposto che sarà la parte più difficile del canale. Passiamo facendo molta attenzione e per lasciare il passo a che viene mi ritrovo in pool position con Marica che lascio davanti a me. Saliamo. È bello. Facile, roccette semplici facilitate ulteriormente dai bolli che ti indicano dove passare.
Arriviamo quindi al “mio” masso e con disappunto capisco cosa vuol dire che si passa a destra. Si passa a destra si, ma non del masso … del canale :( Peccato … speravo in una difficoltà superiore ma non fa nulla. Iniziano le catene, io cerco di non usarle e in effetti non sono necessarie.
Guido io ora il gruppo ed il sentiero piega e sinistra. Chi è dietro di me prosegue dritto e mi apostrofa: “Perché vai di li?”
La risposta viene da sola: forse perché ci sono i segni?!?!? Ridiamo, Grandemago fa presente che di me ci si può fidare (:O :O :O) e di seguirmi.
In breve siamo fuori dal canale. Ricompattiamo il gruppo. Foto, spiegazioni di montagne e cime che si vedono cosi scopro che si vedono nitidamente l’Arera e l’Alben. E’ inutile, non imparerò mai :(
Gli altri sono già partiti, Esilde, Aldo ed io siamo la coda del gruppo e sempre chiacchierando pian piano raggiungiamo la cima.
Gli altri sono già li, hanno occupato la panca e sono già con la pappa in mano a prendere il sole.
La giornata è stata bellissima, sole splendido ma non caldo, assolutamente! Il vento che un po’ mi preoccupava in realtà non si è fatto sentire.
Trovo anch’io un mio posticino e “pranzo” … ormai mi sono abituata a non portare molto in montagna ed in effetti non ho nemmeno molta fame.
Dopo il cazzeggio d’obbligo rimettiamo gli scarponi e saliamo in cima per la foto di vetta.
Io mi perdo con uno splendido labrador … non ce la faccio proprio più, mi sa che prima di Natale arriverà anche per me un cagnolino. Lo so che la mia vita cambierà, che i miei ritmi saranno dettati dal cane. Mi prendo ancora qualche giorno per meditarci sopra bene ma so che la decisione ormai è presa. Le “bestie” sono molto più affidabili degli umani e se anche dovrò fare qualche sacrificio so che un cane mi darà tante soddisfazioni. Più che altro spero in meno delusioni se devo proprio essere sincera.
Fatta la foto di vetta si inizia la discesa. Siamo in tanti e facciamo “tappo” sulle catene.
Mentre aspettiamo gli altri medito ad alta voce con Aldo: forse è meglio scendere dalla Bogani, e poi è tanto che non vado giù di li. Aldo concorda e siccome è un “democratico” capogita mette gli altri a conoscenza del percorso scelto: non si accettano ammutinamenti :)
Scendiamo da un sentiero che spesso ci si presenta con passaggi un po’ difficoltosi al punto da credere di aver preso una traccia alternativa. Il mio ginocchio si fa sentire, devo proprio aver esagerato la scorsa settimana. Scendo piano e appoggiandomi ai bastoni sperando di trovare presto un sentiero più agevole.
Ed eccolo li! Bene, manca poco e poi la mia “sofferenza” avrà fine.
Prendendoci bonariamente in giro tra chi trova il sentiero giusto e chi, per fare qualche cm in meno di dislivello passa in posti improbabili, arriviamo alla Bogani dove, sedendoci nel prato, prendiamo qualcosa da bere.
Si chiacchiera come al solito del più e del meno ma giunge ben presto l’ora di ripartire.
Bello potersi prendere queste pause, nelle ultime mie gite, sia che ero in solitaria sia in compagnia, le pause sono state davvero poche e mooooooolto corte.
Scendendo parlo con Lebowsky che ha una casetta a Morgex: che invidia! La mia Vallèe!
So che non ci tornerò per molto, molto tempo. Il viaggio è un costo che per il momento non posso sostenere. Non so se arriveranno tempi migliori, ci credo sempre meno man mano che i mesi passano, ma anche qui dove abito ora non mi trovo poi cosi male :) Vedrò di farmi bastare questa splendida valle.
Arriviamo al parcheggio consentendoci un’ultima foto a questo panorama davvero mozzafiato.
Ci cambiamo con calma e poi ci dirigiamo verso casa mia. Per una volta non sarò l’ultima ad arrivare a casa con una strada lunga ancora da percorrere.
Saluto i nuovi amici. Loro non lo sanno quanto io sia loro grata per la giornata serena e tranquilla che mi hanno fatto passare. Approfitto qui per ringraziarli, sono una compagnia davvero fantastica.
Ah ... Esilde è stata una mia cliente quando lavoravo in negozio ... è proprio piccolo il mondo!

Partecipanti: Grandemago, Emoke (Memi), Esilde, Lella, Lebowsky, Marica, Patripoli, Pizzo1954, heliS



Quota partenza: m 1.420
Quota arrivo: m 2.409
Dislivello secondo Gipsy: m 1.230
Tempo totale di marcia comprensiva di soste e foto: 8h 45m
Km percorsi: 13,6






25 agosto 2010

Girovagando sotto il 2 Manni - 25 agosto 2010

Si sa che i miei guai non finiscono mai e ora vengo “punita” e messa quasi alla gogna per colpe che non ho. E da un cattolico per di più, da una persona che appena può aiuta chiunque … tranne me.
Penserete che me lo merito. Ebbene si, me lo devo proprio meritare … peccato che non so il perché.
Con questo umore nero stamattina mi alzo. Avevo un impegno e poi volevo andare a trovare Rino.
Solo che ieri mi hanno portato il suo ARVA, la sua pala e la sua sonda da usare nelle mie gite.
Ho pianto tutta la notte e questa mattina proprio non me la sono sentita di andare la. Lo ricorderò ogni volta che indosserò l’ARVA. Io non so come faccia Giuliano, evidentemente lui è forte, io no.
Mi rimane il pomeriggio libero. So che non sono in forma visto che non sto mangiando molto in questi giorni ma la montagna qui davanti a casa è cosi comoda …
Non ho voglia di guidare. Dopo quello che mi è successo negli ultimi 2 anni ora ho fin quasi paura a prendere la macchina e non guido più cosi volentieri. So che se voglio continuare ad andare in montagna dovrò tornare a farlo, che non c’è più nessuno che mi scarrozza in giro e spero davvero che la voglia di guidare mi torni.
E cosi eccomi con il mio Gipsy su per questa montagna. Voglio vedere quanto ci vuole per fare il giro ad anello (cosi ne approfitto per prendere la traccia GPS) e preparo solo un marsupio con acqua e spolverino.
Quanto sopra l’ho scritto prima di partire, convinta di arrivare in cima al 2 Mani e fare l’anello dell’altra volta.
Solo che … ehm … mi sono persa … quando mi sono resa conto che andavo troppo dall’altra parte … poi mi sono ritrovata quando ho deciso di prendere una traccia che portava nella direzione giusta… poi mi sono persa di nuovo.
Seguivo tracce di sentieri dove anche le capre si rifiutano di andare, ma erano segnati! Prima di azzurro, poi di rosso. Ho insistito, se è segnato da qualche parte va. Ed in effetti alla fine sono tornata sul sentiero principale.
Mi sono vista chiamare il 118 piena di vergogna a dargli la mia posizione … beh, questo in ultima analisi. La realtà è che non volevo tornare da quella traccia che ho fatto in salita cosi me ne sono scelta una peggiore in discesa :)
Alla fine però sono approdata alla baita Bongio e li una meritata sosta, sdraiata al sole.
Poi casa. Niente cima. Giro ad anello si anche se diverso dal solito. Non so neanche perché lo metto qui …





Quota partenza: m 654
Quota arrivo: m 932
Dislivello secondo Gipsy: m 550
Tempo totale di marcia comprensiva di soste: 3h 15m
Km percorsi: 9,4

23 agosto 2010

Pizzo d’Emet m 3.209 – 21 agosto 2010

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E’ inutile che io pensi di essere uguale alla massa: non lo sono e non lo sarò mai.
Faccio fatica a stare in mezzo alla gente, non mi sento a mio agio e poi scoppio; inizio a stare male per il troppo stress accumulato.
Ma invece di andarmene via da sola, come dovrei fare per rilassarmi, mi faccio convincere a seguire gli amici. E cosi mi ritrovo alle 6 a salire sulla macchina di Giuliano, con Mario che mi lascia il posto davanti, un po’ demoralizzata ma convinta che cmq mi voglio godere questa giornata.
Purtroppo non sarà cosi. Me la prendo per nulla, ci sono cose che mi rodono dentro che non riesco a scacciare.
E cosi sono salita su questa montagna con il morale in cantina.
Chissà cosa hanno pensato i miei 2 compagni di viaggio :( Perderò pure loro a causa della mia incapacità a nascondere il mio malumore e le mie lacrime. Ormai ci dovrei essere abituata ma mi pesa sempre tanto.
Inutile pensare che certe cose passano; alla soglia dei 50 anni ormai non credo riuscirò a superare certe convinzioni, giuste o sbagliate che siano.
Cosi, sulla strada per Chiavenna, Giuliano mi dice che se sono davvero motivata a salire all’Emet potrebbe essere quella la meta.
Motivata io? MOTIVATISSIMA!!! E cosi si gira per il lago di Montespluga.
Arriviamo al parcheggio incredibilmente vuoto … non una macchina.
La temperatura è fresca, la meteo non è dei migliori. Speriamo di prendere acqua solo verso il ritorno e visto che io la gita l’ho praticamente già fatta tutta spero proprio di prenderla solo dopo il Bertacchi.
Perché ci torno se ci sono già stata? Chi conosce l’Emet sa che questa montagna non è particolarmente difficile. Lunga, faticosa, a volte gli ometti si nascondono ma c’è solo un punto, un intaglio, che fa riflettere. Non sono l’unica ad essere tornata indietro a meno di 60 m dalla cima ma questa cosa mi brucia assai.
Sarei tornata da sola, portandomi uno spezzone di corda per superare il pezzetto in discesa. La proposta di andarci in compagnia però non mi dispiace.
Saliamo al rifugio con Giuliano che prima mi dice che oggi sono io la guida e subito dopo mi critica perché secondo lui la cresta parte da più in basso … oggi proprio non lo sopporto! Fa niente, gli dico che va bene quello che decide lui. Sentiamo il rifugista.
Appena entrati in rifugio però rinsavisce: sai, hai ragione tu, devo essermi confuso con un’altra montagna! :) Chiede conferma al rifugista e torno quindi capo gita ufficiale.
Non prendo nulla, non voglio rischiare ancora lo stomaco per uno sfizio. Caso mai salendo se le forze mi mancheranno accetterò uno dei succhi di frutta che Giuliano si è portato nello zaino.
Partiamo. Giuliano si diverte a punzecchiarmi oggi e continua a dire che sono io la guida.
Io zitta accetto lo sfottò ma non ho voglia di controbattere. Ogni cosa che posso dire oggi suona male e allora è meglio che stia zitta.
Oltre il Passo di Emet si inizia a salire e sento il fiato di Giuliano sul collo. Lo faccio andare avanti e io sto dietro con Mario che controlla i miei passi. Lui si ferma, si guarda intorno, guarda i sassi … insomma, non mi fa pesare la mia lentezza.
Scolliniamo e ci fermiamo un momento. Udite udite Giuliano tira fuori un pacchetto di Ringo e … SE LI MANGIA!!! Incredibile! Insiste perché ne prenda uno anche se, dopo tutto lo star male di questa settimana so che non devo. Alla fine lo prendo, lo avvicino alla bocca e l’odore dolciastro che emana mi fa venire la nausea :( E neanche oggi sto bene.
Restituisco il biscotto e continuiamo la salita.
Ora ci tocca il marciume. Prima un pezzo di morena ripida ma agevole e poi il marciume. Per fortuna è un pezzo corto. Davanti è Giuliano che non si fa troppi problemi a seguire gli ometti.
Solo che sta andando troppo a sinistra. Lo so che lui sale da qualunque parte ma io no e cosi gli faccio presente che il sentiero dovrebbe piegare a destra. In effetti gli ometti sono li.
Giuliano sale veloce. Non mi è di aiuto cosi e perdo lo stesso tempo per cercare gli ometti e/o i segni sulla roccia. Mario sempre dietro a controllare i miei passi :)
Al colle altra piccola sosta e qui mi bevo un succo di Giuliano. Sono quasi alla frutta ma su questa cima oggi ci devo salire. Forse ho un po’ esagerato questa settimana, alla fine saranno 4000 m di dislivello in 4 gg con solo un gg di riposo. Io mica ci sono abituata.
Ripartiamo con la cresta. Giuliano davanti stavolta va più lento e mi aspetta. Mario sempre dietro a controllare i miei passi :) e a cercare i suoi sassetti.
Passata la metà della cresta Giuliano inizia a chiedermi se è vicino il punto in cui mi sono fermata.
No no, manca tanto … ero a meno di 60 m dalla cima.
Mi lascia andare avanti, cosi concludi la gita da sola. Pensiero davvero gentile e apprezzato.
Solo che sono alla frutta. Faccio davvero fatica a mettere una gamba davanti all’altra. Ad un certo punto Giuliano invita Mario ad andare avanti, ha capito che sono quasi sul punto di non farcela.
Ma proseguo. Ed ecco il mio intaglio.
Tutto qui? Mi dice giustamente Giuliano.
I miei dubbi rimangono, non per la salita ma per la discesa. Giuliano mi fa vedere come salire anche se poi faccio a modo mio :) Mario è lassù che ci aspetta. Se tanto mi da tanto non è in cima, aspetta che io arrivi cosi conquisto per prima la vetta! Ed in effetti è cosi.
Ancora pochi passi e poi ecco che vedo il palo. Poi la croce. VETTA! Alzo le braccia al cielo sorridendo! SONO SUL PIZZO D’EMET!!!
Un bacio ed un ringraziamento per avermi accompagnato ai miei compagni di viaggio. Intanto Giuliano mi ha fatto la foto felice di vetta. Mi piace quella foto. Giuliano è davvero un bravo fotografo.
E meno male che mi ha fatto almeno quella foto perché non ne abbiamo una di vetta.
Perché?
Ecco … dunque: Giuliano sta pasticciando con il GPS e non riesce a cancellare delle lettere messe per sbaglio. Si avvicina a me per farselo spiegare quando il suo zaino inizia a rotolare.
Lo zaino! Urlo.
E Mario: E’ andato …
Come andato …
Cavolo … ha ragione … lo zaino prende la rincorsa e vola giù dal pendio.
Giuliano ha lasciato immediatamente a me il GPS e ha tentato di fermarlo, poi lo ha guardato impotente scendere precipitosamente.
Azz … E’ colpa mia penso subito, se non ci tenevo cosi tanto a questa cima non saremmo qui e non avrebbe perso lo zaino. E poi subito l’altro pensiero: LE CHIAVI DELLA MACCHINA!
Giuliano lo vede, inizia a scendere per vedere di recuperarlo.
Mario prende il binocolo e lo segue dall’alto.
Io non posso fare nulla. Gli sistemo il waypoint sul suo GPS e poi sto li, impietrita e con i miei sensi di colpa ad aspettare. Non fotografo, non mi godo la vetta. Sono ulteriormente demoralizzata.
Chiedo a Mario in continuazione com’è la situazione fino a che non mi dice che ha raggiunto lo zaino. Allora lo chiamo, visto che qui i cellulari prendono. Mi risponde tranquillo: ho recuperato quasi tutto, mancano i ramponi (mannaggia, sono nuovi!). Lo so che è inutile ma gli chiedo di essere prudente, che i ramponi, per nuovi che siano, non valgono la pena di rischiare.
Poi concordiamo di trovarci sul sentiero, non ha senso che risalga.
Mario ed io, mesti, ricompattiamo i nostri zaini ed iniziamo la discesa.
Arrivati all’intaglio le mie paure si confermano: con le mie gambette corte non è semplice il passaggio. Se non ci fosse stata la storia dello zaino avrei provato a scendere da sola ma cosi demoralizzata accetto senza protestare l’aiuto di Mario.
Mario mi guida nella discesa. Incontriamo un ragazzo solitario che sale. Poco dopo la sua compagna che mi dice che mica si deve salire proprio su tutto :)
E poi ecco Giuliano seduto su una roccia che ci aspetta.
Facciamo il conto dei danni. Ha perso: i ramponi, una bussola, la busta del pronto soccorso, un orologio/altimetro, il cibo e l’acqua.
Lo zaino è patito ma ancora intero. Meno male, è uno zaino che gli avevano regalato Rino ed Elettra quando aveva compiuto i 50 anni. Per carità, la sua vita l’aveva fatta ma immagino sia un ricordo e che possa essere un dispiacere perderlo.
Per fortuna i documenti e la macchina fotografica erano nel marsupio in vita, ma le chiavi della macchina no, erano nello zaino. Se non lo recuperava era un bel casino tornare a casa.
Si dovrebbe sempre portare un mazzo di riserva da dare ad un compagno di viaggio.
Questa esperienza mi ha insegnato anche che il cellulare è sempre meglio tenerlo in tasca. Se fosse capitato a me da sola, che facevo senza nemmeno un numero di telefono per contattare qualcuno?
Dividiamo il nostro cibo e la mia acqua e poi riprendiamo la discesa.
Giuliano mi sta davanti e vicino. Deve aver capito che se posso fare tanto dislivello la velocità non sarà mai il mio forte.
Arrivati al lago ci dissetiamo alla fontana. Decidiamo di non ripassare dal rifugio per andare a mangiare il gelato a Chiavenna.
Un mega gelato … sono stata premiata con una cialda enorme piena di gelato squisito :)





Quota partenza: m 1.900
Quota arrivo: m 3.209
Dislivello secondo Gipsy: m 1.300 circa (salita 1.285 – discesa 1348)
Tempo totale di marcia comprensiva di soste e foto: 8h 45m
Km percorsi: 15,6











21 agosto 2010

Monte Rosetta m 2.360 – Monte Combana m 2.327 – Cima della Rosetta m 2.147 – 19 Agosto 2010

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L’idea di questo giro l’ho tirata fuori quando ho capito che finalmente si riusciva a combinare con Andrea. Era tutto perfetto: oggi con Andrea, domani si saliva al Bivacco Seveso per poi fare la traversata al San Matteo sabato, con il bel tempo.
Mai fare programmi Silvia … e lo sai :(
Alle 8:30 suona il telefono, proprio mentre stiamo arrivando a Rasura e devo indicare ad Andrea la strada per salire al Bar Bianco. Cerco di cavarmela tra lo sconforto ed i gesti perché la telefonata è di Mario che dice che sabato ha un problema.
Bene, direte voi, andate solo in 2.
E no … non si può … ma che mai potrà succedere ad un bivacco a 3.400 m dove la mia attività principale è quella di cercare di non star male? Siamo nel 21° secolo eppure c’è ancora chi trova disdicevole andare in un bivacco se non con il tuo compagno o con una dello stesso sesso :( sta di fatto che non solo non si va più via, ma l’unico giorno che si può dedicare alla montagna è domani, con il tempo molto incerto quando sabato sarà davvero bello.
Sono demoralizzata. Non me ne va una giusta quest’anno. Mi ero fatta ingolosire da quella traversata e ci avevo davvero creduto, ormai mancava solo un giorno alla partenza.
La delusione è forte e rimango muta. Andrea che non sa la strada, povero, cerca di capire dove andare. Alla fine si barcamena e trova il Bar Bianco.
Sempre silenziosa e rabbuiata mi cambio e partiamo.
Voglio fare il giro inverso che ho fatto l’anno scorso perché voglio salire il Monte Rosetta (mio tormentone tra la Cima e il Monte) e siccome il ginocchio mi ha dato problemi l’altro giorno al Grignone penso che per male che vada io scendo mentre Andrea, che si deve allenare, prosegue per il Combana e la Cima di Rosetta.
Sono talmente a terra che non valuto neppure se è giusto il sentiero che sto prendendo e ben presto la traccia sparisce. Provo a salire per boschi, tanto è di li che si deve andare, ma Andrea non mi segue. Allora torno sui miei passi brontolando piuttosto vivamente. Andrea paziente non reagisce, lui mi capisce.
Alla fine abbiamo fatto un giro dell’oca per arrivare al lago del Culino dove finalmente mi ritrovo. Qui mi rendo conto che sono insopportabile e allora sprono Andrea ad andare avanti da solo. Per lui questa volta è importante l’allenamento. Ovviamente non lo fa, da buon AMICO, e mi sopporta con il mio morale a terra.
Allora cerco di farmelo passare e con esso anche il mal di stomaco che ha accompagnato questa notizia. Si vede che sono troppo sotto stress se una cosa del genere riesce a farmi stare ancora male fisicamente. E pensare che dovrei rilassarmi, che questi 3 gg speravo proprio di rilassarmi …
E’ inutile, penso. Me ne devo andare via da sola se voglio riprendermi.
E cosi, presa la decisione, mi sento già meglio e cerco un dialogo con il mio compagno.
Proseguono le lezioni sulla mia macchina fotografica. Andrea, preciso e programmato come sempre, si deve essere fatto una sua scaletta e oggi è il giorno del film. Neppure io mi ricordo come si fa e ci impiego un po’ di tempo prima di arrivarci, ma poi siamo tutti e 2 soddisfatti del risultato. Devo ammettere che queste “lezioni” fanno ripassare anche a me le potenzialità della mia macchina che, devo ammettere, non è niente male per essere una compatta. Poi il resto lo deve fare il fotografo :)
Riprendiamo a salire. Arriviamo al bivio con la cima della Rosetta e non trovo il sentiero per il Monte. Ma la cima è li, la vedo. Il fondo valle non presenta problemi e il colle li a destra sembra abbordabile.
Senza sentiero proseguo cercando di tenermi alta, in fondo valle c’è il pantano. Tra massi, mirtilli e rododendri guadagno l’inizio della salita e arrivata circa a metà ritrovo uno splendido sentiero: peccato che in discesa si perda perché man mano che sale è sempre migliore. Arrivata al colle vedo le 2 tracce: una che mi porta al Monte Rosetta, l’altra al Combana.
Bene, è fatta. Parto per il Monte Rosetta. La cresta è bella, aerea a tratti ma mai pericolosa. Andrea mi segue, ogni tanto cerca un suo percorso anche se poi si pente :)
Verso la cima ancora perdiamo il sentiero e allora saliamo diretti. In cima non c’è nulla, a parte i ricordini delle capre. Me lo aspettavo ma mi vedo tutta la cresta che ci accingiamo a fare.
Purtroppo la vede anche Andrea: io di li non ci passo! Sentenzia …
Non capisco. Io non vedo nulla di difficile né di pericoloso ma Andrea vede cose che noi umani … (intendo che lui ha una vista davvero acuta da lontano … un’invidia!) e allora lo tranquillizzo: guarda che non è niente di che.
Per fortuna mi crede e si convince ad andare a vedere. Mangiucchiamo qualcosa poi scendiamo, riprendiamo la cresta a attacchiamo il Combana.
Cerco i passaggi meno esposti e quelli dove si deve arrampicare il meno possibile. C’è solo un punto dove ho paura mi faccia storie ma, come al solito, lo passa meglio di me.
Arriviamo proprio sotto la cima e ad Andrea vengono i crampi. Anche qui mi stupisce. Si ferma tranquillo, beve e mangia qualcosa dicendomi che tra qualche minuto passano e riprendiamo la marcia. Ottimo … vedo che i miei insegnamenti stanno portando dei buoni frutti :)
In cima al Combana non ci fermiamo, siamo assaliti da formiche volanti che sono peggio delle mosche. La discesa inizia nella nebbia tanto che ho il timore di prendere la cresta sbagliata. Ma l’altra è quella dell’Olano, non posso sbagliare.
Ora Andrea è stanco, inizio a staccarlo. Lo aspetto, cerco sempre di tenerlo a vista ma la cresta è tranquilla e non ci sono problemi di sorta.
Altra sosta mangereccia sulla Cima della Rosetta poi le formiche mi “assaggiano” anche qui ed inizio a scendere. Andrea mi raggiunge con calma. Io in discesa ancora non riesco a tirare e ho il ginocchio che cmq mi fa male :( Mi sa che in questi giorni sto esagerando … speriamo in bene!
Verso la fine perdiamo il sentiero. Che novità per la giornata di oggi :) La prendiamo sul ridere e scendiamo a sentimento. Lo ritroviamo poco più sotto e cosi arriviamo alla macchina accaldati ma tranquilli. Andrea è contento del giro. Ha fatto un buon allenamento ma soprattutto è contento dell’anello, delle 3 cime e della cresta.
Bene, sono molto soddisfatta pure io.
La giornata non poteva terminare che con uno splendido gelatone a Delebio … che buona quella gelateria!

Quota partenza: m 1.530
Quota arrivo: m 2.360 – 2.327 – 2.147
Dislivello secondo Gipsy: m 1.012
Tempo totale di marcia comprensiva di soste e foto: 6h 15m
Km percorsi: 10,8





18 agosto 2010

Grigna Settentrionale da Pasturo – m 2.409 – 17 Agosto 2010

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Chi può essere abbastanza pazzo da farsi questa faticaccia dopo 3 gg di malessere?
Uffi … si, sono io. Ancora non mi sono ripresa ma ieri sera, mentre facevo finta di interessarmi ad un telefilm, mi è venuta fame.
Fame?
Beh … allora un po’ mi è passata, penso mentre scaldo un pezzo di focaccia.
Morale alle 7 sono a Pasturo a cercare un parcheggio.
Questo è un progetto che ho in mente da qualche mese e la temperatura è giusta per tentarlo, il fisico no ma si sa che con me comanda principalmente la testa se si tratta di andare in montagna.
Mi sono data 5 ore di tempo. Poi vorrà dire che desisto.
Giro turistico per il paese, qui è tutto a disco orario, ma al secondo giro riesco a trovare un buco messo poi neanche tanto lontano dalla partenza. Ricordatevi questa frase al ritorno, quando la macchina non arriverà più!
Mi cambio. La temperatura è gradevole e mi sembra di stare abbastanza bene.
Appena arrivo alla chiesetta degli alpini tutto torna: è il sentiero che avevo presto questa primavera per cercare la strada che porta al Pialeral.
Tutto bene, penso.
E salgo pensando ai fatti miei. Adocchio le fontane che so che non mi basterà l’acqua.
Arrivo all’incrocio con la salita da Balisio: bene, tra poco sono al rifugio … magari mi bevo un caffè, penso, anche se in realtà non ho poi molta voglia. Sono le 9 e arriva ora la prima persona dietro di me, fin’ora non avevo incontrato nessuno.
Come cambia la strada rispetto all’inverno! Non mi ritrovo. Qui si sta facendo sentiero, e ci sono dei gradini … ma come ho fatto a toppare il rifugio? Mistero … sono si sulla strada giusta, ma del rifugio nemmeno l’ombra.
Non fa nulla. Proseguo a salire con il mio passo tranquillo. Mi supera un “superman”. Ora inizio a vedere qualcuno in giro.
Decido di fermarmi a fare una pausetta dopo circa 3 ore di cammino e quindi metto la sveglia di Gipsy per avvisarmi. Nel frattempo incontro la prima chiacchiera della giornata. Ad un bivio, incontro un signore che è molto stupito dal fatto che non ho fatto il suo sentiero. Lo sono anch’io ma non lo do a vedere: Ah si, ho preso una variante …
Lo lascio andare. Non mi sembra gran che simpatico. Si sta avvicinando la mia sosta e mi supera un altro ragazzo.
Sosta! Finalmente. Mi giro e vedo lassù il rifugio.
Riparto.
Arrivo al bivacco e mi rendo conto che sto iniziando a sentire la stanchezza. Penso di fare un’altra pausetta quando incrocio il bivio con il sentiero che sale dai Carbonai … ricordi …
Solo che penso talmente intensamente ai fatti miei che non mi rendo conto del bivio. Ormai sono quasi arrivata, che mi fermo a fare? Però sono stanca. La testa manda i comandi alle gambe altrimenti non si muoverebbero più.
Eccomi sulla terrazza piena di gente. Foto di rito alla targa e poi su alla croce. Non c’è tantissima gente. Finalmente mi posso fermare. 4 ore e 10 minuti per 1.700 m di dislivello. Anche se sono arrivata stremata non posso dire di non essere soddisfatta.
Perché sono cosi stanca? Non mi capacito. E poi medito: il mio malessere dei giorni scorsi è tipico da stress. Ne ho accumulate troppe in questo periodo ed il fisico si sta rifiutando di continuare. Chiede una sosta. Una sosta mentale. Mi devo assolutamente rilassare per qualche giorno.
Per qualche giorno non voglio casini da risolvere, problemi da affrontare, discussioni da sostenere; ma ce la farò? Perché una cosa del genere accada devo isolarmi completamente. Facile a dirsi …
Mi rilasso. Una signora mi saluta. Ci mettiamo a chiacchierare sul sudore. E’ simpatica :) E’ salita dal Cainallo, ha tutti i capelli bianchi ed è da sola! E’ bello fare questi incontri.
Mentre sono li a cazzeggiare sento i discorsi di quelli intorno a me.
Raccontami le cime.
Ma quello è il Disgrazia?
La’ il Legnone! Ma no, guarda che è dall’altra parte!
Ah … i piani di Bobbio … e la il Pizzo dei 3 Signori!
E poi il bambino che ragiona sulla difficoltà delle montagne.
E poi la signora della Val Taleggio che è salita dal … uff non mi ricordo come ha chiamato il Cainallo ma è stata davvero simpatica.
Suona il telefono, ma quassù non prende ed in effetti non riesco a parlare però vedo l’ora: ne è già passata una ed è ora di scendere. Peccato, qui stavo davvero bene.
Con calma mi preparo e inizio la lunga discesa.
Sta salendo una famigliola, la bimba è davvero piccola, avrà 3 anni e ha fatto la maggior parte del percorso nello zaino di papà ma gli ultimi metri li fa da sola. Mi fermo a salutare, a complimentarmi con i genitori sorridenti nonostante la fatica!
E poi giù, faccio passare chi mi sorpassa e scendo piano che il ginocchio oggi si fa sentire.
Incrocio un ragazzo, avrà 13 – 14 anni e mi saluta. Poi incontro il padre con la lingua fuori: non ne può più! Mi racconta che deve stare dietro al figlio che vuole andare in montagna. E’ venuto qui a fare una perlustrazione per la gita che farà con il CAI a settembre. Il ragazzo vorrebbe andare ma il padre, giustamente, da solo non lo manda. E’ bellissimo trovare ogni tanto la situazione invertita!
Faccio ancora i miei complimenti al ragazzo e poi riprendo la discesa.
Suona ancora il telefono, stavolta prende. Ne approfitto per una sosta a prendere una pastiglia per l’emicrania. Si, mi è tornata :( In parte me la sono cercata mangiando una barretta di quelle confezionate e cmq questo non fa che confermare la mia ipotesi: sono troppo stressata.
Quindi me la prendo davvero con calma. Con Gipsy controllo i bivi: voglio verificare che se c’è bisogno è in grado di riportarmi a casa. Questa volta funziona, devo solo imparare a conoscerlo.
Scendendo incontro 2 signori (padre e figlio) con 2 bimbi. Hanno ancora 700 m di dislivello da salire ed i bambini non sono molto felici. La ragazza mi apostrofa dicendo è lunga … troppo lunga … e ha ragione povera piccola … Il padre li porta su a dormire. Cerco di dirle che sarà bellissimo e arriva la domanda: le “signore” chiedono come sono i bagni. GULP! E ora che gli racconto? La verità o una pietosa bugia? Alla ragazza dico che di sopra mi sembra ci sia la tazza mentre i bagni fuori sono forniti di turca. Lei si allontana andando dal nonno e allora lo dico al padre: lo sa vero che non c’è acqua? E lui: acqua da bere … No, proprio acqua corrente. Se va bene avete acqua piovana. Ah … ho qualche salvietta, ce la caveremo. Ottimo! Li saluto augurandogli una buona salita e riprendo la mia discesa. Voglio scendere esattamente da dove sono salita e Gipsy in questo mi aiuta.
Arrivo ai gradini e vedo laggiù una bandiera.
AriGULP!
Hi hi hi … c’ero passata stamattina dal rifugio ma tra il fatto che era presto ed essere presa tra i miei pensieri non l’ho proprio notato :) Cmq ho preso lo stesso un’altra strada rispetto a quella che fanno in molti.
Ottimo, ora so che in un’oretta dovrei essere alla macchina e da qui in poi trovo l’acqua che la mia è praticamente finita e con l’emicrania la sete mi aumenta.
Arrivo al laghetto e sento “Date da bere agli assetati!” Mi ero dimenticata di quella fontana ma non me la faccio scappare. Bevendo chiacchiero con i 2 che si sono fermati prima di me e nel frattempo arriva un corridore. Ci racconta del suo giro … impressionante! Bello ma davvero lungo.
Riprendo mesta la mia discesa solitaria. Ora mi ascolto un po’ di musica. Arriva il messaggio di Andrea: Sei scesa vittoriosa? Un attimo … con calma … ci metto quasi lo stesso tempo della salita. Non ho voglia di tirare, sono preoccupata per il ginocchio e non voglio rischiare.
Paese. Mi sembrava di aver messo la macchina vicino al sentiero e invece la strada mi sembra infinita.
Macchina. Messaggio ad Andrea. Casa. Gelato. Doccia.

Quota partenza: m 614
Quota arrivo: m 2.409
Dislivello secondo Gipsy: m 1.704
Tempo totale di marcia comprensiva di soste e foto: 9 ore
Km percorsi: 17,3




11 agosto 2010

Pizzo del Truzzo – m 2.723 – 8 Agosto 2010

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Arriviamo a Starleggia e davanti a noi ci troviamo le montagne imbiancate sopra i 2.500
Cribbio.
I miei soci non commentano, ma si, saliamo a vedere che con il caldo della giornata si scioglie tutto.
La meta è il Pizzo Quadro, nessuno di noi 3 c’è mai salito per cui è una novità per tutti. Cosi come è una novità il “sentiero” di salita che decidiamo di prendere. Giuliano dice che ha letto di una relazione che passa dalla diga e poi prende un canale.
Avremo fatto si e no 20 minuti di sentiero prima di prendere i prati per arrivare alla diga, cercare il modo di attraversare il torrente con i vari torrentelli annessi, farci bagnare ben bene i piedi nella marcita fino a salire per andare a cercare il sentiero.
Sentiero.
Si.
Il canale è quello, vai su di li, dice Giuliano a Mario.
E via per prati ripidini, poi il canale con uno scolo per l’acqua, sassi instabili e sentieri di camosci.
Verso la fine del canale troviamo il sentiero: e chi lo ferma più Giuliano? Avete visto? Voi che non credevate in me …
Ovviamente nessuno di noi 2 aveva commentato :)
Arriviamo al colle. La neve la vedo sempre più abbondante e la giornata non riscalda per nulla.
Dopo una piccola sosta proseguiamo e arriviamo al bivacco. Cerchiamo le scritte che aveva lasciato Giuliano ad Aprile ma hanno cambiato il libro. Decidiamo di firmare al ritorno e andiamo avanti.
Arrivati al punto in cui si deve scendere un pelino per risalire alla cresta ci rendiamo conto della situazione della neve. Mario tira fuori il binocolo ma non vede niente di buono. Giuliano tentenna, immagino sia soprattutto per me. Mario fa presente che non abbiamo neanche le ghette e allora propongo di salire il Truzzo.
A malincuore giriamo i tacchi e ci avviciniamo alla più abbordabile cresta del Truzzo.
E’ divertente anche se i pezzi con neve sono scivolosi ed alcuni sassi hanno un leggero strato di ghiaccio. Questo conferma che abbiamo fatto bene a desistere.
Sono stanca, dopo i 1000 m una piccola sosta mi ci vuole e fatico ad arrivare in cima. Mario è li che ci aspetta e tutti e 3, mano nella mano, arriviamo in cima :)
Mangiamo coprendoci, fa davvero freddo (meno di 10 gradi … per forza che non si scioglie la neve!) poi Giuliano scalpita per scendere. Propone di scendere dall’altra parte rispetto alla salita.
Ma si, dai! Facciamo un bell’anello!
Bello.
Insomma …
Un anello di certo. Scesi per pietrame, poi prati, poi pietre, vallette da attraversare … il tutto ovviamente fuori sentiero :) anche se ad un certo punto abbiamo trovato perfino degli ometti! Cmq abbiamo saltato fuori il bivacco per cui mi sento moralmente obbligata a tornarci, questa volta per pernottare, quando ritenterò ancora il Pizzo Quadro.
Giunti finalmente al sentiero penso io: ora è tranquillo!
Si.
Il sentiero si perde in continuazione fino a che non c’è più del tutto. Ravaniamo un bel po’ prima di trovare “l’autostrada” che ci riporterà alla macchina! E’ mai possibile che non possano mettere un cartello visto che non è poi cosi ben visibile sto sentiero?
Anello completo, giro in avanscoperta visto che non credo l’abbiano percorso in tanti … con i “ragazzi” è abbastanza normale che le cose vadano a finire cosi :)


Quota partenza: m 1.560
Quota arrivo: m 2.723
Dislivello secondo Gipsy: m 1.246
Tempo totale di marcia comprensiva di soste e foto: 7 ore e mezza
Km percorsi: 13,8




05 agosto 2010

Pizzo dei 3 Signori dalla via del Caminetto – m 2.554 – 4 Agosto 2010

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Ho una splendida maglietta nuova da provare, il GPS arrivato in anticipo da provare, il ginocchio (e le mie gambe) da sottoporre ad una bella prova e allora metto in atto un progetto che ho da tempo: salire al Pizzo da Barzio. Sulla carta sono 1.750 m di dislivello. Non voglio arrivare a 2.000 (uno degli obiettivi estivi), preferisco prima vedere il ginocchio come va in discesa.
Ma si sa, l’uomo propone e Dio dispone (o qualcosa del genere) e tra contropendenze e giro allungato alla fine i 2.000 m li ho superati abbondantemente a detta di Gipsy (il GPS appunto).
Secondo me ha un po’ esagerato dicendomi 2.400 m per questo ho messo in relazione “solo” 2.000 ma i 22 km percorsi mi sembra vadano d’accordo con la mia stanchezza.
Ma veniamo a noi. Parto presto perché lo so che il giro è lungo e alle 6:15 sono scarponi ai piedi alla funivia di Barzio. Parcheggio chiuso ma la macchina non l’avrei lasciata dentro comunque: ho come un presentimento che scenderò piuttosto tardi.
Il percorso da qui alla Grassi l’ho già fatto qualche anno fa per cui non è una novità. Ci metto però mezz’ora in meno. Vedo dei lamponi lungo il percorso e prometto a me stessa che se scendo da qui mi fermo a raccoglierli.
Alla Grassi la prima vera sosta: sono ormai 4 ore che cammino con circa 1.200 m di dislivello: una gita già di per se. Mi prendo mezz’ora. Mi hanno raggiunto sull’ultimo pezzo di strada 3 persone: un adulto con 2 ragazzi. Sulla terrazza del rifugio parlano tra di loro ma guardandomi: se qualcuno sale lo seguiamo.
Mi vedo annuire: si, io vado avanti ma sono lenta. Voi mi avete raggiunto e io ho già fatto 1.200 m di dislivello (a dire il vero Gipsy mi dice 1.300).
Il cartello vicino al rifugio mi dice che ci vuole solo un’ora e trenta per la cima ma io ne ipotizzo 2 e dopo essermi riposata una ventina di minuti parto. I 3 non sono ancora pronti ma dico al ragazzo che mi raggiungeranno, loro sono veloci.
Il sentiero che sale è molto bello e panoramico. O meglio: sarebbe panoramico se ci fosse bel tempo.
Lasciatemi qui aprire una parentesi rivolta al mio mentore che la sera prima, di fronte ad un mio dubbio se tentare l’impresa oggi rispose cosi:
"Ho appena visto le previsioni, io non avrei dubbi : Pizzo perché sarà una bellissima giornata."
Sgrunt. Il pizzo lo si è visto solo per qualche minuto e ora è avvolto dalla nebbia.
Fa nulla, a me interessa la salita che in vetta ci sono già stata un po’ di volte.
Salendo mi rendo conto che non ho neanche letto una relazione. So solo che c’è questo camino che se innevato può presentare dei problemi. Spero di non cannare che i 3 seguono me per salire :)
Sono comunque tranquilla, la direzione non può che essere una. E poi trovo il cartello: via del caminetto. Ottimo. Ora è fatta. Non sono stanca, le gambe vanno e la testa lo sa che per la cima ci vogliono 6 ore per cui va tutto bene.
Dietro di me ci sono i 3 che ho incontrato al rifugio più altri 2 signori che mi raggiungono.
Lascio passare il primo che però si ferma poco dopo, quasi ad aspettarmi. Iniziamo a salire insieme e a chiacchierare. Un bel passo il tipo. È salito da Valtorta e ha “solo” 200 m in meno di me nelle gambe. Ma lui è uno sci-alpinista e quindi molto più allenato di me. Ama anche lui la Valleè tanto che sta pensando di prendersi una casetta la. E’ in pensione da circa 2 anni.
Ecco … diciamo subito, per chiudere qui il discorso, che mi sono lasciata scappare la possibilità di conoscere una persona che poteva diventare un buon compagno di camminate. Perché? Presto detto: mi ha invitato a scendere a Valtorta con lui (siamo a circa 1.000 m di altezza) ma poi avrei dovuto fare l’autostop per andare a prendere una seggiovia che doveva portarmi a Bobbio per poi scendere dall’altra parte. Se mi avesse offerto lui il passaggio avrei accettato, ma cosi era troppo complicato.
E poi non sapevo se il ginocchio reggeva: volevo tenermi la possibilità di scendere da Bobbio in funivia e facendo il giro con lui temevo di non fare in tempo.
Se solo avessi saputo come andava a finire forse avrei accettato l’offerta.
Cmq è andata cosi. Proseguiamo con la salita.
L’altro signore dietro di me arranca, fa fatica ma pian piano sale anche lui.
Prima di arrivare al caminetto troviamo uno splendido stambecco seduto tranquillo sul sentiero. Faccio in tempo a fargli un paio di foto e poi ci avviciniamo. Ad un metro da lui si alza e tranquillo si sposta. Sono proprio addomesticati gli stambecchi di qui :)
Proseguiamo. Dietro di me vedo il signore con i 2 ragazzi. Si fermano. Penso a riposare. Non so se fermarmi ad aspettarli. Non so neppure io com’è il caminetto ed i ragazzi sono minorenni. Sarà poi lui a decidere se farli salire oppure no, io una responsabilità del genere con delle persone che non conosco non me la voglio prendere.
Proseguiamo sempre chiacchierando e arriva il caminetto.
CHE BELLO!!! E’ davvero stupendo! Non immaginavo una cosa cosi!
Ormai siamo avvolti dalla nebbia e in cima mi sembra di essere a Milano a Novembre :) e con un sacco di persone!
Mi siedo vicino al mio compagno di salita e continuiamo a chiacchierare. Qui scopro quello che dicevo prima e cioè che la discesa è piuttosto complicata. Nel frattempo arrivano il signore con i 2 ragazzi e mi “sgridano” per non averli aspettati. Ma come! Dovevate superarmi! E cosi scopro che si sono fermati allo stambecco. No, non per ammirarlo ma per paura che caricasse. Gli spiego come stanno le cose cosi la prossima volta non si pone troppo problemi.
Nel frattempo il mio compagno di salita saluta e scende … peccato!
Sono scesi anche tutti gli altri e ora siano solo noi 5 in cima, sempre avvolti dalla nebbia di questa “bellissima giornata”.
Il signore con i 2 ragazzi mi dice che c’è la possibilità di scendere dal passo dell’Inferno. Allora ricollego le mie conoscenze, i cartelli visti salendo che indicano il Benigni e penso che si, ha ragione, probabilmente si può fare: ma di quanto la allungo? Guardiamo insieme la mia cartina e ci meditiamo un po’ su. Alla fine decidiamo che no, non si allunga più di tanto e la possiamo fare. Loro la fanno solo se la faccio anch’io e un po’ di timore mi viene: alla fine divento “capogruppo” di questa discesa … e se canno strada? Ma mi faccio coraggio e si dai, scendo anch’io di li.
Deciso tutti insieme la responsabilità è condivisa ed iniziamo la discesa. Dobbiamo attraversare un paio di nevaietti ma eccoci alla bocchetta dell’inferno. Avevo la paura di dover risalire (non ricordo più, sono passata di qui un sacco di anni fa!) e invece niente risalita. Vediamo il nostro sentiero girare dietro alla Sfinge (Bellissima!) e proseguiamo tutti contenti. Siamo consapevoli che si deve risalire di circa 150 m e abbiamo deciso che si può fare.
Giriamo intorno, arriva la salita. L’affrontiamo con calma. Mettono me davanti perché ho il passo più costante. Scollino e ho la prima amara sorpresa: si sale ancora. Il mio altimetro in effetti segna 2.080, la quota dalla quale si doveva iniziare a salire. Che fare … ormai siamo in ballo e si balla.
Qui un cartello ci dice che ci vogliono 2 ore per la Grassi. Tutti abbiamo la stessa sensazione: è esagerato.
Saliamo. Io sempre davanti con il mio lento ma costante passo.
Incontriamo 2 signori che si mettono a ridere: ah … ne avete ancora! Il sentiero si fa piccolo piccolo e infido …
Scolliniamo. Un lungo traverso ci attende.
Scolliniamo. Un lungo traverso ci attende.
Scolliniamo. Un lungo traverso ci attende.
Scolliniamo. Un lungo traverso ci attende.
Scolliniamo. Un lungo traverso ci attende.
Ormai siamo alla frutta. Non capiamo più niente. Ma quante altre vallette dobbiamo superare?
Cominciamo a capire il perché delle 2 ore date dal cartello. Ora vediamo bene la croce di vetta e pensiamo che al prossimo scollinamento ci sarà il sentiero dell’andata.
Scolliniamo. Un lungo traverso ci attende.
Siamo demoralizzati. Io inizio a chiedermi se non abbiamo toppato il bivio. Mi fermo e mi consulto con la truppa quando ecco che uno dei giovincelli vede laggiù i cartelli. OTTIMO! Il morale torna alto e riprendiamo il cammino.
Finalmente siamo al bivio. Cribbio! Abbiamo proprio sbagliato ad interpretare la cartina! Sinceramente non mi aspettavo una cosa cosi lunga tutta saliscendi. Ora sono stanca, ho perso l’ultima funivia da Bobbio e sto meditando se fermarmi a dormire alla Grassi, ma non ho molti soldi con me. Intanto scendo. Sicuramente devo fermarmi almeno mezz’ora per riprendermi, una fetta di torta ed una bibita per mandare giù un po’ di zuccheri e faccio 2 conti: arriverò alla macchina alle 8.
Il problema è che danno temporali nella seconda metà del pomeriggio. Se piove è meglio scendere dalla strada che dal sentiero. Rimando la decisione a quando sarò al Passo Gandazzo e proseguo mesta verso il rifugio. La truppa dietro di me è silenziosa. Siamo tutti stanchi ma contenti. Il giro è stato bello, solo non ci aspettavamo cosi lungo.
Al Rifugio, arrivati con 10 minuti di anticipo, torta e bibita come da programma. Poi iniziamo la lunga discesa. Il signore con i 2 ragazzi salutano e allungano il passo (uno dei ragazzi ha una partita di pallone e stanno facendo tardi) ma alla fine li vediamo sempre davanti a noi, avranno guadagnato si e no 5 minuti.
L’altro signore lo lascio andare al Gandazzo: io sono troppo stanca, mi fermo ancora 20 minuti prima di affrontare gli ultimi 800 m di discesa. Per fortuna le previsioni sono cannate e ora è uscito perfino il sole. Sono tranquilla che non pioverà e allora ho tutto il tempo di scendere. E poi avrò solo un quarto d’ora di macchina per arrivare a casa :)
Mando un messaggio all’amico Andrea: sono stanca morta e ho ancora 800 m da scendere …
Dopo meno di un minuto suona il telefono :) Tutta una serie di ipotesi e poi gli racconto per sommi capi il giro fatto. E’ impressionato ma preoccupato: manda un sms quando arrivi alla macchina. Certo che si, ma sarà tra circa 2 ore :(
Riprendo la discesa ascoltando musia: è un buon metodo quando sono stanca. I primi 400 m vanno via lisci. Gli ultimi inizio a sentirli. Quando arrivo a 200 sono molto stanca.
Quando arrivo sulla strada non ce la faccio davvero più.
Ora è solo la testa che manda i comandi alle gambe di andare avanti. Sono lenta ma non riesco ad accelerare il passo. Lo so che avrà fine anche questa avventura e non vedo l’ora di essere alla macchina. Ho la nausea da stanchezza, non ho fame e non ho sete. Sono tanta nausea.
Alle 20:15 sono alla macchina. Mi siedo e tolgo gli scarponi. Mentre faccio respirare i piedi mando il mio sms ad Andrea. Poi cerco di bere e di rilassarmi, non voglio guidare in queste condizioni.
Ora che sono arrivata mi rilasso facilmente. Seduti comodi in macchina la visione della vita cambia :) e me la sento di guidare verso casa.
Pappa di Isi, pappa mia (per fortuna già pronta, solo da scaldare nel microonde) e poi me la sento di fare una doccia. Nanna. Distrutta.
Il giorno dopo le gambe sono un pelino di legno, il ginocchio lo sento appena. È possibile che abbia fatto un giro del genere e non ho neanche un dolorino???


Quota partenza: m 810
Quota arrivo: m 2.554
Dislivello secondo Gipsy: m 2.400 ca
Tempo totale di marcia comprensiva di soste e foto: 14 ore
Km percorsi: 22




02 agosto 2010

Piz Spadolazzo – m 2.722 – 31 Luglio 2010

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Mi sembra di sentirlo ancora Andrea: ma come! Vai in Grignetta di notte e poi non vieni a camminare con me il sabato?
Ha ragione per cui, appena ho la certezza di non lavorare confermo la mia presenza e alle 7 mi ritrovo a Bione con Andrea e Rolando.
Colazione al solito posto vicino a Chiavenna e poi via, verso il lago di Montespluga.
L’obiettivo di oggi è si la cima ma soprattutto far provare ad Andrea la mia macchina fotografica visto che gli servirà per il viaggetto che ha in mente per ottobre.
Quindi, scarponcini, scambio di macchine (la mia ad Andrea, quella di Andrea a Rolando) e poi via, verso il rifugio Bertacchi.
Non c’è tantissima gente ma i posti dove imboscarsi per fare pipi non sono tantissimi per cui, quando vedo la deviazione per il lago nero (dove tutti pensiamo si scenda facendo l’anello che abbiamo in mente) mi imbosco dietro ad un masso.
Ripresa la strada facciamo una piccola sosta alla fontana vicino al Lago di Emet bypassando il rifugio e poi via, verso il passo. Poco prima di arrivarci c’è il bivio per lo Spadolazzo.
Abbiamo dato un’occhiata alla cartina e alle relazioni. Io ho un vago ricordo di aver letto che il sentiero non è poi cosi visibile ma le ultime lette indicano tranquille la cima per cui salgo senza problemi.
Ora ci sono solo dei rari segni blu e gli ometti da individuare. La classificazione del sentiero EE la darei solo per questo motivo, che gli ometti si confondono spesso con il panorama e non sempre sono individuabili.
Qui ho una visione: I MIEI GUANTI!!!! :( cribbio … sono rimasti dove ho fatto pipi … vabbeh, speriamo di trovarli quando scendiamo, tanto il sentiero porta li!
Giriamo intorno alla montagna. Forse un po’ troppo tant’è che Andrea ad un certo punto si pone il dubbio: non è che stiamo andando al Bivacco del Suretta?
Ma no … tiro fuori la mia relazione e, anche se piuttosto vaga, richiama quello che stiamo facendo. Lassù ci sono un paio di persone e ci fermiamo a chiedere. Si, siamo sulla strada giusta.
Proseguiamo e finalmente iniziamo a salire verso la cresta.
La traccia è sempre molto flebile. Ognuno si sceglie il suo percorso e finalmente arriviamo su una delle cime. La quota c’è ma la croce è laggiù, quindi percorriamo la cresta ed eccoci in cima: 3 ore e mezza … per 850 m in salita e 150 in discesa … gulp! Ce ne abbiamo messo di tempo, meditiamo. Certo, il percorso è stato lungo, in ambiente fantastico, lunare, al cospetto dell’Emet e del Suretta.
Ci riposiamo, fotografiamo, mangiamo, chiacchieriamo con i 3 escursionisti più un cane che ci hanno raggiunto sulla cima. Uno (quello con il cane) ha preso una strada diretta rispetto alla nostra e cosi vediamo i segni di due sentieri: bianco e rosso che scende dalla cresta e bolli gialli che dalla croce scende giù nel vallone che abbiamo percorso noi. Cribbio! Io questi bivi proprio non li avevo visti per cui ci siamo fatti il giro più lungo … :)
Gli altri 2 arrivano dal Bivacco del Suretta e a loro chiediamo se la discesa verso il Lago Nero è segnata. Ci confermano che è fattibile e allora via, si decide di continuare il progetto originale e fare l’anello.
Ripercorriamo la cresta e poi giù verso il Lago Nero. Il sentiero è davvero ripido e a volte infido, ma ben segnato. Al Lago Nero (Stupendo!) ci fermiamo per una sosta … e un pediluvio ovviamente :) poi riprendiamo la via verso casa.
E’ infinito sto sentiero e si tiene troppo a destra secondo me.
Ad un certo punto Andrea mi chiama: sono mortificato!
?
Non torniamo al bivio dei guanti.
Già … non ci torniamo … ma non ti preoccupare che io torno indietro a prenderli: chi non ha testa ha gambe! E cosi vedo la mia sosta gelato sfumare visto che ci impiegherò, stimato, almeno un’oretta.
Accelero il passo. Il sentiero non mi piace proprio in questo tratto. Siamo appena sopra la superstrada ed il traverso è infinito. Oltretutto verso la fine il sentiero si perde nel prato, è tutto un picio pacio ed io scalpito per i miei guanti.
Finalmente arriviamo sulla strada, lascio il mio zaino ad Andrea e parto di buon passo.
C’è un sacco di gente che scende … qui i guanti non ci sono più … Ma no, chi vuoi che salga da li?
Finalmente arrivo … si si! CI SONO!!!!
Grande! Scendo veloce ma tra salita e discesa la mia oretta prevista ce la impiego comunque.
Inoltre siamo senza benzina :(
Ma ce l’abbiamo fatta a fare tutto: benza, gelato e pure salumi!
Giornata freschissima, non ho neppure sudato!
Giro lungo e nonostante il dislivello che stimiamo non superare i 1000 m siamo stanchi. Lo sviluppo immagino sia intorno ai 15 km e non ho la minima idea se sia un percorso lungo oppure normale visto che non ho mai misurato in metri lineari le mie escursioni.
La gita di oggi mi è servita per dare un’occhiatina da vicino all’Emet … un altro dei miei tormentoni … chissà ….


Quota partenza: m 1.906
Quota arrivo: m 2.722
Dislivello calcolato, il mio altimetro mi ha abbandonato: m 1.000 ca
Tempo totale di marcia comprensiva di soste e foto: 7 ore









28 luglio 2010

E la luna busso’ … alle porte della Grignetta – m 2.177 – 24 Luglio 2010

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Suona il telefono alle 5 del pomeriggio. E’ Mario. Cavolo, penso, ci saranno dei problemi per domani :(
Ciao, come stai?
Bene … un po’ annoiata dal non potermi muovere …
Bene! Stasera pensavamo di andare in Grignetta a fare un paio di foto, ti veniamo a prendere alle 8 e mezza!
:)
Ottimo, penso. E poi mi viene un dubbio e la domanda e d’obbligo: ma devo portare gli scarponcini?
Si si, porta anche una bottiglietta di acqua ma niente zaino, ne prendo su uno io piccolino. Ah, porta la frontale che non si sa mai.
Medito.
La frontale per 2 foto in Grigna?
Questo e la conoscenza dei miei 2 soci avrebbe dovuto farmi riflettere, ma siccome sono tonta non rifletto e alle 8 inizio a prepararmi. Arrivano in anticipo. Mi mettono in agitazione e mentre chiudo la porta di casa … crak! Si rompe la chiave nella serratura :(
Poco male penso, Mario ora mi risolve il problema ed io ho il mazzo di chiavi di riserva.
Mentre vado a prendere la cassetta degli attrezzi sento i commenti: eh no, qui non c’è niente da fare, devi prendere una nuova serratura.
Come nuova? Io domani devo andare al lavorare! E poi sono senza macchia!
Giuliano prende il cacciavite, smonta la serratura, va sul balcone e magicamente mi tira fuori il pezzetto della chiave … mitici!
Rimontato il tutto usciamo.
Io sono in ciabatte :( no comment!
Mentre saliamo ai Resinelli i 2 meditano: vuoi salire dal Porta o dalla Val Scarettone?
Io penso che il Porta sia il rifugio e mi sembra strano che Giuliano voglia salire dalla Cermenati: lui la odia!
Fa niente. Arriviamo e inizio a capire. Il Porta è il canale.
Gulp!
Ma … cima allora … canale porta … e la discesa???
Sorrido. E io domani devo andare a lavorare.
Iniziamo a salire che è ancora chiaro. Inutile dire che non c’è nessuno. Se qualcuno sale stanotte (nonostante la luna piena il vento è davvero fastidioso e non invoglia) non salirà certo dal Porta. Saliamo tranquilli, ogni tanto ci giriamo a vedere questa palla magnifica che è la luna stanotte con le luci dell’abitato che si stanno accendendo sotto di noi. È meraviglioso … mi sa che è la prima notturna estiva per me e il Porta è ancora più magico.
Mario, che è davanti a farci strada, prende delle “scorciatoie” arrampicatorie ma sempre molto facili quanto divertenti.
In un baleno siamo al bivio. Certo che partire dai Resinelli è ben diverso che partire da Ballabio! E poi in compagnia non ti rendi proprio conto del tempo che passa.
Arriva la placca. Giuliano riesce a fare un sacco di foto (sta diventando anche un fotografo davvero bravo!) e non si risparmia qui sulla placca. Inoltre, essendo veloce, può permettersi di fermarsi e posizionare la macchina sul sasso per fare le notturne … io invece sono lenta e non conosco ancora bene la mia macchina per cui le foto pubblicate sono principalmente le sue.
Nel canale inizia a fare buio nonostante la luna inizi a farci vedere le nostre ombre. Giuliano accende la frontale, Mario non ce l’ha ed io aspetto, ancora affascinata dall’ambiente notturno.
Appena fuori dal canale però la luce di Giuliano mi gioca un brutto scherzo: mi fa ombra il mio corpo ed io ci vedo ancora meno. Allora propongo a Giuliano di passare avanti: ma come! Lo faccio per te, per aiutarti! :( Vabbe’ … però ce l’ho anch’io la frontale … cià che la metto.
Sosta. Al “solito” posto. Beviamo, qualche foto e poi via verso la cima. Pensiamo che non ci sia nessuno, non vediamo nessuna luce lassù.
Mario è avanti (io sono veramente una tartaruga al loro confronto) e quando sbuchiamo in vetta troviamo il bivacco aperto e Mario che chiacchiera con 2 ragazzi.
“Dagli la frontale che hanno bisogno di luce” Pronti!
Saluto i ragazzi e faccio luce. “Un attimo e mettiamo ordine” mi dicono.
Sono perplessa … non ce n’è bisogno … poi capisco: guarda che noi scendiamo, non dormiamo qui!
Ah …. Davvero?!?!?!? Sono stupiti. Sembra strano che ci spariamo una grignetta cosi per poi scendere :) Cmq si rimettono nel sacco a pelo più tranquilli e noi entriamo a chiacchierare con loro.
Fuori il vento è potente e dal bivacco sembra che infuri la bufera.
Mario tira fuori dallo “zainetto” di Eta-Beta degli amaretti, la marmellata che gli ho dato a casa mia e una bottiglia di birra … con i bicchieri! E’ incredibile quell’uomo! E mentre Giuliano brontola (che caso …) perché c’è roba da mangiare noi ci rifocilliamo e intanto arriva un altro ragazzo che vuole dormire li.
Ci abbiamo impiegato circa un paio d’ore a salire. Io penso alla discesa un po’ preoccupata. Da dove scendiamo? Dal Caimi, mi risponde Giuliano. Lo prendiamo dalla Cermenati.
Bene. Inzomma. So che il Caimi è ripido. E’ notte. Ma se Giuliano pensa di scendere da li vuol dire che mi reputa in grado di farcela.
Usciamo dal bivacco per essere investiti dal vento. E’ piuttosto fastidioso qui in cima e per fortuna Giuliano ha un paio di guanti in più perché le mani sono davvero gelate … giuro!
Scendiamo. Mario sempre avanti come un camoscio salta giù, io lentina dietro (niente bastoni … e dove li mettevo?) e Giuliano a chiudere la carovana fermandosi ogni tanto per fotografare.
Passiamo il bivio per il Cecilia (io pensavo fosse questo) e arriviamo ad un punto senza cartelli con un canalino ripidoripido pieno di sfasciumi. Mario si ferma, guarda Giuliano: di qui? Chiede incredulo. Mi sembra che non sia molto convinto neppure lui ma Giuliano: si si, giù di qui.
E via.
Dunque, fatemi pensare a come è stato definito il canale durante la discesa … non riesco a ricordarmi aggettivi che non siano volgari per cui mi astengo.
Diciamo solo che è meglio scendere vicinivicini per evitare di tirarci sassi in testa. Poi migliora, mi dicono. Poi arrivano i ghiaioni, insistono.
Io in silenzio cerco di scendere il più velocemente possibile. Ora ho la frontale accesa e ci si vede benissimo ma il canale è davvero infido.
Passiamo in posti da capre e a me viene in mente il Comera, quando Chicco mi raccontava, salendo in inverno, che d’estate non lo si faceva, era troppo pieno di sfasciumi.
Finalmente si allarga il canale, arrivano i famosi ghiaioni che niente hanno però a che vedere con quelli dolomitici. Ogni tanto si riesce a lasciarsi andare ma è sempre molto ostico per me.
Certo se non ci fossi stata io a frenare il gruppo ci avrebbero messo molto meno, ma io ci sono e ci mettiamo un’infinità a scendere. Il mio ginocchio, in compenso, si sta comportando benissimo.
Io penso con tristezza alla giornata che mi aspetta domani e non voglio neppure sapere che ora è.
E siccome tutto ha un fine, finisce anche il canale. E’ l’una. Mario chiama casa a tranquillizzare la moglie, io chiacchiero con Giuliano e cosi vengo a scoprire che è un canale che si fa di solito in inverno, quando la neve è ben assestata … che d’estate l’aveva fatto solo una volta e non era cosi marcio.
Morale: BOCCIATO! NON FATE IL CAIMI D’ESTATE!!!
Sorridendo riprendiamo il sentiero, si sa: se non son matti non li vogliamo. In breve siamo al Porta (rifugio questa volta) e poi sulla strada. Macchina. Casa.
Non appena varco il cancello di casa mi rendo conto che ho lasciato gli scarponi sulla macchina. Chiamo. Non mi sentono. Telefono. Uno ha il telefono spento, l’altro non risponde.
Pazienza, me li porteranno domattina quando si attiverà il servizio taxi.
Salgo a casa a scaricare le foto. Sono piena di adrenalina e non riesco a dormire, sto un po’ davanti al computer e finalmente alle 2 vado a nanna.
Domani si lavora …

Quota partenza: m 1.350
Quota arrivo: m 2.177
Dislivello calcolato, il mio altimetro mi ha abbandonato: m 900 ca
Tempo totale di marcia: 5 ore






21 luglio 2010

Pizzo di Trona – m 2.510 – 17 Luglio 2010

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E’ il mio tormentone da almeno 4 anni con 2 tentativi falliti alle spalle. La prima volta non abbiamo trovato l’attacco, la seconda volta non me la sono sentita di salire la placca da sola, nonostante ci fossero le catene e io avessi il set da ferrata. Non per altro, per la discesa. Ora non mi sarei fatta lo stesso problema … ma le catene non ci sono più :)
Giuliano lo sa che è un mio tormentone e quando lo convinco a portarmi in montagna oggi me lo propone. Non credo che ci saliremo perché sembra che la meteo non sia buona.
Però, sbucati fuori dalle gallerie, in zona Val Gerola non sembra poi tanto male.
Saliamo a Pescegallo. Io sempre perplessa. Sono lenta e lo so ma non discuto la scelta di Giuliano: ho imparato a fidarmi di lui in montagna, mi conosce e lo sa che non sono molto allenata.
“Porto cordini e moschettoni?” “Beh, se non hai il set da ferrata si!”
O cribbio! No che non ce l’ho! D’altra parte glielo avevo detto che quella placca io non la scendo senza corda. Va beh, cordini e moschettoni nello zaino a tenere compagnia all’imbraco e alle 7:30 partiamo dalla macchina.
Il sentiero ormai lo conosco a menadito e chiacchierando saliamo.
Fino a che io non ho più fiato. Meglio che rallento che all’inizio devo carburare.
Arriviamo al Lago di Trona e qui scopro che non si parte da dove penso io (lago dell’inferno) ma dall’altra parte, dal lago di Trona appunto. Vedo una traccia la nel mezzo, deve essere lei. Vediamo perfino delle scritte che indicano la Ferrata per cui saliamo di li.
Mamma mia!!!
Ripidissimo!!!
A volte mi attacco all’erba con le mani, non respiro più e faccio davvero fatica a mettere un piede … più che davanti all’altro direi sopra all’altro! Ovviamente Giuliano sale come un camoscio: che invidia che mi fa!
Piccola sosta rifocillatoria e scolliniamo. Un pianoro con un paio di nevai e poi ancora su. Della ferrata nessuna traccia se non una piccola placca con la catena divelta e messa li per terra.
L’ambiente qui è bellissimo. La Val Gerola non deluda mai, soprattutto per la fioritura che è davvero eccezionale. Io non fotografo nulla perché non ne ho la forza né il tempo ma su questo sentiero ci torno, con calma, solo per i fiori.
Intanto mi rendo conto che sbucheremo proprio sulla sella da dove sono passata io l’altra volta. Il sentiero dall’altra parte mi sembra di ricordare sia più agevole per cui penso che sia meglio cmq scendere di li, soprattutto se si mette a piovere.
E dopo un’altra terribile salita eccoci sulla cresta.
Bella! Per il momento è sentiero, non lo ricordavo cosi lungo ma prosegue tranquillo ed io riesco a riprendere fiato.
Ecco che arriva il pezzetto “esposto” dove 3 anni fa c’era una catena; ora l’hanno tolta. Non è particolarmente brutto ma se soffri di vertigini è meglio non guardare giù.
Arriva finalmente la “mia” placca, anche qui hanno divelto la maggior parte delle catene. Saliamo comunque senza imbragarci, sempre chiacchierando e prendendoci bonariamente in giro. Davanti io che se cado … Ma non cado, salgo tranquilla.
Poi cresta. Roccette. Cresta. Inizio a sentire la stanchezza. Non ho l’altimetro per cui non so quanto mi manca per l’arrivo ma cerco di non pensarci.
“Dai! Ancora una mezz’oretta e ci siamo!” mi urla Giuliano che ora è passato in pool position.
Ci credo i primi 10 secondi, poi sorrido … scollino ed eccola li la croce …
SONO SUL PIZZO DI TRONAAAAAAAAAAAA !!!!!!!!!!!!!!
Mi metto ad urlare … Giuliano mi guarda sorridendo, per fortuna non c’è nessuno.
Mi sembra incredibile … un tormentone di 4 anni salito poi cosi tranquillamente … e dov’è il pezzo che se cadi voli dritto nel lago dell’inferno? Ed è davvero poi cosi difficile anche ora che hanno tolto quasi tutte le catene?
Di certo ci sono davvero poche firme sul libro di vetta, ma da oggi c’è anche la mia :)
Sono cosi contenta, nonostante la fatica a salire, che ci fermiamo un’oretta in cima.
Il caldo, anzi, l’umido è stato prepotente ed io ho il timore per l’acqua. Ho lasciato giù i thermos e ora me ne pento. È vero che in discesa si beve di meno ma ho sudato in modo davvero “animale” e se non reintegro sono nei guai. Giuliano mi offre la sua bottiglia d’acqua e sali che accetto senza nemmeno far finta di dire di no.
Foto di rito (il lago rotondo è ancora ghiacciato!) Un pensiero a scendere dal canale dall’altro versante ma poi torno sana e penso sia meglio affrontare la placca in discesa.
Decidiamo di imbragarci, tanto nello zaino pesa lo stesso.
Foto di vetta (mannaggia … con l’imbraco!!!) e poi giù.
Discesa tranquilla e divertente. Non mi faccio problemi e la placca arriva in un battibaleno.
E qui giustamente Giuliano si risente: mi hai fatto portare la corda almeno una decina di volte, adesso la usi! E mi lega per scendere. Mi fa il nodo delle guide e poi tenta il mezzo barcaiolo … beh, siccome è me che deve tenere su preferisco farlo io che se sono una sega in montagna i nodi me li ricordo :) Scendo. Sempre tranquilla. Arriva il pezzo più brutto. Mi guardo a destra: io quasi scendo di li. Solo che farei un po’ di pendolo e allora, visto che tanto c’è la corda, mi fido di quelle cengiette di meno di un centimetro.
Eccomi alla base, mentre recupero la corda scende il mio socio. Gli dico che io sarei scesa a destra se non avessi avuto la corda. Ci prova e mi da ragione, da li era più semplice.
Che tonta che sono stata 3 anni fa … con la catena ci sarei salita e scesa tranquillamente da sola, nonostante le battute del tipo “se ci sono solo 12 firme sul libro di vetta vuol dire che troppo facile non è …”
Ci fermiamo a mettere via l’imbraco, mangiamo qualcosa che in cima non abbiamo quasi toccato cibo e poi scendiamo dalla parte del Lago dell’Inferno.
“Tanto acqua la troviamo”. Giuliano ne è convinto. Io no. Conosco bene la zona ma non recrimino. Quando arriviamo in vista del Lago di Trona conviene anche lui che di acqua non ce n’è. Sorrido dentro di me: non fa nulla, di la dalla diga c’è.
Sosta per bere e poi giù verso la macchina. Niente pioggia ma l’umido è ancora potente tanto che quando troviamo l’altra fontana immergo le mani cercando refrigerio. Mi ci butterei dentro … Giuliano non ci crede … che sfida! Mi tolgo lo zaino … e poi penso: cribbio, non ho più un cambio … l’avrei fatto davvero, avrei abbassato la temperatura del mio corpo e avrei vinto una bella scommessa ma spogliarsi non si può e a malincuore mi rimetto lo zaino e scendo.
Megagelatone per concludere la giornata.
Bella. Come altro definirla questa giornata? Per me stancante, non so come riuscirò a lavorare domani ma non ci avrei rinunciato per nulla al mondo alla Val Gerola, al Pizzo di Trona …


Quota partenza: m 1.425
Quota arrivo: m 2.510
Dislivello calcolato, il mio altimetro mi ha abbandonato: m 1.200 ca
Tempo totale di marcia comprensiva di mega soste e foto: 8





15 luglio 2010

Grigna Meridionale – m 2.177 – Da Ballabio al Canalone Porta - 14 Luglio 2010

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Non è stagione da Grigna! Mi sento quando lo dico a Floriano … beh, è vero, io questo giro l’avevo pensato per ottobre, ma …
Ma.
Si sa che “i miei guai non finiscono mai” e cosi mi ritrovo senza macchina fino a dopo ferragosto :(
I problemi più grossi sono 3, e in ordine di importanza:
1 – come salire ai Roccoli nel we
2 – come andare in montagna compatibilmente con la stagione
3 – come supportare doverosamente i miei
Il punto 3 è al terzo posto solo perché tra bus-treno-taxi riesco abbastanza bene a fare tutto.
Per il primo mi sto organizzando ma non è facile per me chiedere … e poi tutti hanno i loro impegni.
Per il punto 2 invece niente da fare :( Visto che lavoro nei we e l’unica persona che potrebbe accompagnarmi in settimana ha problemi non vedo proprio soluzioni. Ho passato un intero inverno a riabilitare il ginocchio, a mantenermi allenata per affrontare questo luglio, che per me è il mese migliore per la montagna … e invece niente :(
Sono perfino stanca di deprimermi e cerco di risolvere i problemi giorno per giorno, tanto è inutile andare al di la di questa domenica perché chissà che altro mi succederà.
E allora? Devo rinunciare alla montagna? Per adesso no. Mi alzo presto (alle 5) e alle 6 sono in strada, zaino in spalla e scarponcini nuovi ai piedi. Si, perché sono cosi pazza da mettere gli scarponcini nuovi quando affronterò un bel dislivello di circa 1400-1500 m
Il sentiero lo conosco cosi ad ogni bivio so dove andare. Ci impiego circa un paio d’ore (sono sempre 700 m di dislivello più il pezzo da casa mia all’inizio del sentiero).A dire il vero non avevo ancora deciso da che parte salire. Pensavo alla Sinigalia e poi scendere … già: da dove? Mentre sono li che medito passo davanti al Soldanella e imbocco il sentiero.
Passo davanti al Canalone Porta. L’ho fatto in autunno con Giuliano e Mario. Non l’avevo trovato difficile ma in un paio di punti mi ero fatta aiutare. Ora l’orgoglio vuole che ce la faccia da sola. E poi penso che dentro il canalone farà meno caldo.
E intanto sono all’attacco. Lo so che anche solo pensare ad un itinerario vuol dire farlo e non mi stupisco se tiro su dritto dentro il canale. Spero solo di non incontrare più neve. A dire il vero non ho ancora realizzato in pieno che è già metà luglio.
Salgo. Cerco i segni ma non sempre li trovo. E allora vado a intuito (mica mi ricordo io dall’autunno) e immancabilmente eccolo li il segno :)
Sono solissima anche se sento un gran vociare. Alla fine realizzo che la cascina deve avere un po’ di bimbi ed il vociare arriva da li.
Salgo. Chissà dove erano i 2 pezzi in cui mi sono fatta aiutare? E intanto mi aiuto con la “terza mano” in un punto: che sia questo? Mah … certo se non ero da sola chiedevo aiuto, cosi invece me la sono dovuta cavare. Non elegantemente ma sono salita. L’ambiente è sempre bellissimo, io sudo tantissimo ma il caldo non è prepotente. Inizio ad essere stanca, ormai i 1000 m li ho fatti e il canale mi sta impegnando. Devo stare attenta a non cadere, ho gli scarponcini nuovi e tengono ma sono scarponi da trekking e quindi con la suola morbida e gli angoli arrotondati. Guardo bene dove appoggiarli e il tempo passa. Ormai sono fuori orario ma non mi interessa. Mi interessa continuare a salire, una piccola sosta, e poi si continua a salire, con calma, godendomi quello che ho intorno.
La macchina fotografica l’ho messa via, non voglio rischiare visto che ho portato la grande.
A dire il vero non vedo l’ora di trovare la via di fuga. Una volta vista quella mi sento più tranquilla perché ci sono un paio di punti dove scendere … brrrrrrrrrrrr!
E la via di fuga (l’innesto con il traverso che porta alla Cermenati) arriva fin troppo presto. Non ci sono dubbi, io continuo sul canale.
Al Sigaro ci sono 2 ragazzi che arrampicano e hanno lasciato giù lo zaino. Lui è in sosta, lei è in difficoltà … come non la invidio!
Ed ecco la placca! Come la vedo la riconosco subito: altro che quelle che ho superato ora! Mi piace. L’attacco tranquilla, è appoggiata e piena di appigli; è divertente!
Mi fermo un attimo a prendere fiato e mi giro a vedere a che punto è la ragazza. Mi salutano. Penso che se sono in braghe di tela loro alla base devono tornare e mi farò aiutare. E’ consolante sapere che non dovrò cmq chiamare il 118 :)
Ma non mi servirà nessun aiuto ovviamente.
Ormai sono fuori e sono davvero stanca. Arrivo alla cresta per prendermi una meritata quanto lunga pausa. Tiro fuori la macchina fotografica e mi sfogo con i mille fiori che qui ci sono. La Grignetta è un giardino botanico davvero stupendo.
Il sole va e viene, quando va si sta davvero bene, quando viene è un po’ caldo ma almeno mi asciuga di tutto il sudore.
Sento delle voci, dalla Cermenati sta scendendo qualcuno. Poi silenzio. In Grignetta. Strano.
Riposata e in parte rifocillata riparto. L’ultimo tratto è quello della Sinigalia e decido di non usare le catene, neppure nel pezzettino in discesa. Ci metto tempo, certo, ma mi diverto. E vedo che tutto sommato sono capace e tranquilla :)
Arrivo.
GULP!
NON UNA PERSONA!!!!!!!!!!
Lo so che non ci credete, ma non c’era davvero nessuno!!! Mi fermo più di un’ora in cima, e non è arrivato nessuno. Come mai? Non ci credo. Eppure è cosi. In Grignetta sola soletta :)
Alla fine decido di scendere dalla Cermenati. Lo so che è una palla ma non mi va di allungare troppo il percorso. Devo anche scendere a Ballabio ed è la prima cosi impegnativa che faccio da quando ho il ginocchio incriccato.
La discesa è anche meno noiosa del previsto. Non sono di ottimo umore ma non fa nulla. Ogni tanto una lieve brezza mi rinfresca e arrivati al Porta mi concedo un Birra – Gassosa meritatissima.
Sto per partire che il rifugista esce e mi attacca un bottone che non finisce più :( Mannaggia a lui … è anche simpatico ma io ormai scalpito per arrivare a casa.
La discesa è veloce e tranquilla, trovo le 2 fontanelle che avevo adocchiato salendo. Almeno con l’acqua qui è andata bene. Ho adottato il sistema “Andrea” e mi sono portata l’acqua nei Thermos cosi almeno la bevo fresca. L’acqua calda non disseta per nulla e non posso riempirmi di pastiglie di sali.
Arrivo a casa dopo poco più di 10 ore. Un’avventura splendida. Il canalone porta tutta sola soletta … sorrido ancora all’idea :)


Quota partenza: m 750 ca
Quota arrivo: m 2.177
Dislivello calcolato, il mio altimetro mi ha abbandonato: m 1.400 ca
Tempo totale di marcia comprensiva di mega soste e foto: 10




13 luglio 2010

Cima di Lemma – m 2.348 - 9 Luglio 2010

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La Val Tartano la conobbi questo inverno con Rino e Giuliano. Siccome partimmo tardi non riuscimmo a fare la cima e ora, con un misto di curiosità nel vedere la valle in veste estiva e di dare un occhio alla cimetta torno da queste parti.
So che sarà l’ultima uscita in solitaria per un bel po’ di tempo, la sfortuna ormai impera nella mia vita ed è inutile prendersela. Allora cerco di godermi la giornata, puntando però a non stancarmi troppo che sabato ho un altro impegno montanaro e domenica si lavora.
Stavolta al Ristop mi prendo solo un caffè e poi entro nella Val Tartano. E’ davvero suggestiva. Rivedo il posto dove ci siamo fermati a prendere il formaggio, la galleria … ma la strada stavolta continua. Sterrata ma continua. Sono stata attenta a verificare che non ci fossero divieti e non ne ho visti. Dietro di me c’è una macchina, accosto al primo slargo per farla passare. Oggi sono ancora più lenta del solito in macchina e non ho nessuna voglia di sentirmi il fiato sul collo.
Ad un certo punto c’è un cartello che dice: strada non collaudata. E la strada sale con il fondo in cemento. Arrivo al gruppo di case e mi trovo davanti al rifugio Beniamino.
Gulp!
Non dovrei essere qui … mumble mumble …
Scendo. Leggo la relazione. Dice dell’ampio parcheggio (ampio? 4 o 5 macchine al massimo) e che si puo’, volendo, tornare verso il rifugio e partire da li.
Bene, il parcheggio non so dov’è ma io posso partire anche da qui.
I signori davanti a me erano dei lavoratori impegnati nella ristrutturazione del rifugio (che quindi è chiuso) e c’è solo un’altra macchina parcheggiata li.
Metto gli scarponi e parto.
La strada continua ma io non me la sentivo di andare oltre. Al successivo tornante vedo il sentiero che si innalza. Bene, lo prendo.
Sotto di me vedo una strada (la strada giusta immagino) e i ponti, a uno dei quali avevamo quell’appuntamento mancato.
Riconosco man mano i posti, i cartelli esplicativi con le panchette. La radura. Poi però mi sembra di andare troppo a destra per cui, ad un bivio, prendo a sinistra.
Poi però mi sembra di andare TROPPO a sinistra e allora? Leggo la relazione :)
Alla fine potevo andare da entrambe le parti, a sinistra andavo prima ai laghi, poi al passo e quindi alla cima. Tornando indietro ho fatto il percorso al contrario.
Arrivo al colle piena di mosche che mi ronzano intorno e non mi lasciano in pace. Fa caldo, sono sola e loro tutte addosso a me :( Peccato perché la zona mi piace davvero molto.
Guardo la mia cima e devo dire che d’inverno ha tutto un altro sapore; ma vado su lo stesso, prima per sentiero poi per prati. Arrivo in cima e non c’è nulla, non un ometto, non una croce …
Mi viene il dubbio che la cima non sia questa, ma era qui che quest’inverno salivano tutti. Cmq scendo e vado anche sulla cima di fianco dove l’ometto c’è cosi sono a posto :)
In cima le mosche mi hanno dato tregua ma ora sono tornate fastidiose come non mai.
Dall’alto ho visto il lago di Porcile e voglio tornare per cresta fino a scendere al lago per poi scendere agli altri 2 laghetti che ho visto dall’alto e ricongiungermi al bivio dove ero indecisa su quale parte prendere. I tre laghetti sono conosciuti come lago Piccolo, lago Grande e lago di Sopra e volendo si può andare al Passo di Porcile. Io evito per la questione di non voler strafare.
Il sentiero che scende dalla cresta è spettacolare, scavato nella roccia, e le foto purtroppo non rendono la bellezza del paesaggio.
I rododendri qui la fanno da padroni e questi laghetti hanno proprio il sapore di laghi alpini, con tantissimi girini che nuotano dentro.
Al lago di Sopra incontro 4 persone che non mi sembrano italiane. Fanno il giro contrario al mio.
Io, sempre assalita dalle mosche, torno sul sentiero della salita e inizio il percorso inverso in discesa. So che tra poco troverò una fontana e non ne vedo l’ora perché l’acqua calda che ho dietro ormai non mi disseta più.
E sono cosi contenta di bere a sazietà che non pongo la dovuta attenzione quando riparto. Mi sono rinfrescata e sono nel bosco per cui, ora che ho bisogno di asciugarmi il sudore, sono scesa già di circa 100 m :( E allora? E’ che l’asciugamano è rimasto alla fonte :(
Risalgo. Incontro 2 ragazzi: avete visto un asciugamano azzurro? No. Cribbio … era proprio li in mezzo al sentiero. Fa niente, grazie lo stesso. Continuo a risalire con i goccioloni che ormai scendono copiosi. Eccola li la macchia azzurra del mio asciugamano!
Mi rinfresco di nuovo e riprendo a scendere.
Incontro 2 persone con una splendida lupacchiotta. Io e la cagnetta ci salutiamo e poi mi metto a chiacchierare con la signora che mi racconta la vita della sua cagnetta :)
E poi sono finalmente alla macchina.
Ma che caldo fa?!?!?!
GELATO !!! A Delebio un mega gelatone non me lo lascio di certo scappare.


Quota partenza: m 1.500
Quota arrivo: m 2.348
Dislivello totale, secondo il mio altimetro un po’ pazzo: m 1.027
Tempo totale di marcia comprensiva di soste e foto (e della risalita della smemorata): 5 ore e 40




12 luglio 2010

Pizzo Bello – m 2.743 - 7 Luglio 2010

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Pizzo Bello (piz Béla) era, secondo una celebre leggenda, il nome originario del Monte Disgrazia. Non si tratta però solo di una leggenda: sulle carte austriache dell'Ottocento all'attuale Monte Disgrazia veniva ancora dato il nome di Pizzo Bello.
Oggi il nome è passato a questa cima di rilievo certamente assai minore, mentre il gigante che lo fronteggia, ben visibile, a nord ha un nome assai più inquietante (e che, in realtà, rimanda al verbo dialettale "desgiascia", cioè "si scioglie", in riferimento alla sua vedretta). Torniamo alla leggenda, che ci parla invece degli egoisti pastori che sfruttavano i pascoli lussureggianti della valle di Preda Rossa e che, avendo negato l'aiuto ad un viandante affamato (sotto le cui spoglie si celava Cristo), furono puniti con un incendio che ne incenerì i pascoli. Da allora il monte Disgrazia si chiamò così, in memoria della punizione divina, mentre il suo ben più modesto dirimpettaio si vide fregiato dell'illustre denominazione.

Tratto da: http://www.waltellina.com/ascensioni/pizzobello/


Devo dire che questa cima mi ha riconciliato con la Lombardia: abbiamo anche qui dei luoghi freschi e incantevoli!
Ma veniamo alla cronaca. Ho avuto 4 gg davvero pesanti e quando martedì sono tornata da Milano ero davvero stanca. Rinunciare? Non mi passa nemmeno per l’anticamera del cervello. Oltretutto la meta è già decisa: Pizzo Bello! Ho anche letto la relazione e si può fare.
Unica cosa voglio partire presto e quando suona la sveglia guardo Isi nei suoi occhioni verdi e no, aspetto ancora i 5 minuti della seconda sveglia. Questo è un indice della mia stanchezza, non lo faccio mai quando vado in montagna!
Altro indice della stanchezza è che martedì mi sono addormentata sul divano dei miei … non lo faccio mai :( ero davvero cotta.
Cmq mi alzo, mi preparo ed esco. Fresco. 16° … adoro vivere qui!
Come arrivo sulla SS36 mi rendo conto che le mie condizioni non sono le migliori e allora mi fermo al Ristop per un bel caffè lungo … e come fai a non metterci anche una brioche? E poi qualcuno mi ha insegnato ad andare in montagna senza cibo (o meglio, con poco cibo) e allora ho davvero poco nello zaino. In compenso ho 2 l di acqua. Io di soffrire la sete anche oggi non ne ho voglia.
La strada per salire è davvero terribile. Come fondo neanche male, ma un tornante via l’altro, e anche questo non sarebbe male. Però è ripida! E la mia macchinina a 8V non ce la fa e mi tocca mettere quasi sempre la prima.
E poi è lunga! Per fortuna non incontro nessuno anche se ormai, a furia di salire ai Roccoli, l’esperienza della guida in montagna me la sono fatta.
Arrivo. Il mio TomTom non mi avrebbe fatto arrivare fin li per cui sono un po’ indecisa. Una persona normale cosa farebbe? Semplice: leggerebbe la relazione!
Ma io no, sandaletti ai piedi salgo a vedere se quella bandiera lassù è quella del rifugio. Bene, è lei, allora leggo la relazione :D che dice di arrivare fino alla fine della strada e di prendere i prati dietro al rifugio.
Mi preparo e parto. Ovviamente non sono mica convinta. Ad un certo punto non so più dove andare e la strada che avevo preso mi sta portando in un’altra direzione. Vedo una cascina con delle persone (per fortuna perché qui stanno ancora dormendo tutti!) e chiedo. Ah no, ha sbagliato strada. E mi indicano la retta via.
Vado. Incontro un altro signore e non resisto alla tentazione di chiedere. Mi conferma la retta via e mi da anche una dritta sul sentiero.
Finalmente vedo un cartello!!! Ma metterne uno al parcheggio no?
Va bene, salgo. Sono nel bosco e li davanti a me una signora passeggia. Come non fermarsi a fare 4 chiacchiere? Dopo che mi ha raccontato metà della sua vita riesco a sganciarmi e a proseguire.
Leggo la mia relazione e vedo che devo arrivare all’Alpe Vignone. Giro l’angolo ed ecco lassù l’alpe. Hanno già portato su le mucche.
In corrispondenza della casa il sentiero si perde. Anche qui non mi faccio perdere l’occasione di scambiare 2 chiacchiere con il ragazzo che però non sa nulla della zona :( nemmeno dove sta la prossima alpe. Anzi … paventa che la cima non si salga neppure da qui …
Ma io confido nella mia relazione e salgo.
E’ davvero molto bello. Da ora non incontrerò più nessuno, nel bene e nel male. I prossimi cartelli che vedo indicano il Lago di Scermendone (Quanti ricordi! La gita del caffè, per intenderci! Sembra passato davvero un secolo da tante cose sono successe nel frattempo)
La cima so più o meno dov’è ma vista la mia infinita insicurezza non ne sono certa.
Arrivo al vallone dove la relazione dice che non ci sono più segnale ma di puntare “all’evidente sella” … Evidente? Cribbio! Ad essere sicuri della cima si sarebbe evidente ma io sono indecisa tra 2.
Mi guardo intorno ma continuo a vedere dei segnali. E i segnali mi portano a risalire il canale, a fianco dei massi come dice la relazione, della cima che avevo individuato come prima.
Arrivo al colle. Altro cartello. Ora non posso più sbagliare.
Prendo la cresta. La danno EE ma hanno davvero esagerato. Secondo me non c’è davvero nulla di EE, nemmeno un passaggino da usare le mani o esposto.
Arrivo al primo omettone ma la cima è un poco più in la, dove c’è la croce.
Bello. Davvero bello! 3 ore giuste per arrivare in cima, comprese le chiacchiere varie; anche questa volta posso considerarmi soddisfatta.
Mangiucchio, fotografo, vado sull’altro cimotto li di fronte ma non si può stare per la puzza di cacca di capra e poi scendo.
Scendendo non mi sento troppo bene.
Ho l’intestino sotto sopra ed inizio ad avere mal di testa. Cribbio … sembra proprio la sensazione che ho avuto per qualche anno a luglio; inizia cosi fino a stendermi del tutto ed essere incapace di alzarmi. E se sto male qui, da sola, che faccio?
Sono scesa un po’ e mi rendo conto che sto sempre peggio. Mi viene in mente la mia stanchezza e allora provo a fermarmi. Trovo un sasso abbastanza piatto e mi sdraio. Mi addormento di colpo. 40 minuti di sonno profondo. Apro gli occhi e mi sembra che la testa vada meglio.
Provo a sedermi. Si, va decisamente meglio.
Riprendo la discesa pensando che se sto male posso chiedere ospitalità al pastore … che però è già sceso a valle :(
Cmq man mano che scendo mi accorgo che il malessere è passato. Doveva essere proprio stanchezza.
Arrivo a Prato Maslino e ancora non ho capito dove ho sbagliato strada al mattino e per evitarmi ulteriori sbagli ripeto la stessa strada … almeno da li so come tornare alla macchina.
Ora il paese è animato, c’è un sacco di gente fuori dalle case che chiacchiera e prende il fresco.
E per fortuna nessuno che sale in macchina … che strada …


Quota partenza: m 1.650
Quota arrivo: m 2.743
Dislivello totale, secondo il mio altimetro un po’ pazzo: m 1.259
Tempo totale di marcia comprensiva di soste, foto e siesta: 7 ore