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Vogliamo un'altra ciaspolata. Analizziamo le mete e alla fine vince l’alpe Scermendone, con la possibilità di salire la Cima di Vignone. E’ un po’ lunga per cui mi faccio un’altra levataccia e, dopo l’ormai solita trafila, si parte.
Caffè in compagnia di Mario e poi via, verso Morbegno.
La giornata è davvero da urlo. La neve non sembra abbondante ma sul costone le ciaspole pensiamo ci verranno comode. La strada per arrivare è piccola e tortuosa, sbagliamo una volta ma poi, contando sul “fiuto” di Giuliano, arriviamo a destinazione. Incontriamo un signore, molto caratteristico, che ci aspetta mentre ci prepariamo per la camminata. Scopriremo poi, chiacchierando salendo, che sta andando a cercare le sue capre. Cosi ci guida fino all’Alpeggio della Merla (credo) e poi ci lascia dandoci tutte le indicazioni del caso.
La neve quaggiù è poca, l’inizio del fitto e buio bosco ha dei tratti ghiacciati e noi, ovviamente, abbiamo lasciato i ramponi in macchina :-D
Saliamo. Inizia il lungo traverso, ben innevato, che ci facciamo chiacchierando del più e del meno fino a che decidiamo che è sciocco tenere le ciaspole sulle spalle e le calziamo. Usciamo all’aperto e il panorama che si presenta davanti a noi è stupendo! Ecco la il Ligoncio, con tutta la sua catena. Il Disgrazia, il Pizzo Bello e Cima di Vignone. Tutta la valle sotto di noi e davanti le montagne del versante che sono solita frequentare. E’ strano vedere la prospettiva dall’altra parte :-)
Arriviamo ad un primo alpeggio con un laghetto e poi alla chiesetta di San Quirico (ma che razza di nome è?) e qui, come 2 bimbi, ci mettiamo a giocare con la campana. Come dice giustamente Rosy: ma a chi diavolo è venuto in mente di costruire qui una chiesetta? Ci sono si un po’ di alpeggi, ma sembra davvero strano.
Poco oltre la chiesetta si trova il Bivacco di Scermendone. BELLISSIMO! Sempre aperto, con 4 posti letto (ma niente coperte …) Un camino, i fornelli (quindi immagino ci siano le bombole), un tavolo con panche molto caratteristico. Fuori una splendida panchetta al sole, asciutta e calda ci invita ad una sosta.
Nano sta imparando a conoscermi. Forse ha capito che non è proprio una fisima per me mangiare qualcosa e accetta una sosta torta. Ci mangiamo una fetta, un po’ di tè e poi via ancora lungo il crinale. Ci sono degli omoni sulla cresta di lato, l’ho letto nella relazione ma ovviamente non me ne sono ricordata fino a che non ho riletto a casa che questi ometti segnano il confine fra i comuni di Buglio e di Berbenno. Certo che per segnarsi cosi i confini devono aver ben litigato questi due paesotti!
Arrivo sull’ultimo promontorio sormontato da un’ometto, proprio sopra alla piccola croce dell’Olmo, ormai alla frutta. Qui decidiamo che, vista l’ora e la panchetta che laggiù ci aspetta, la nostra salita ha termine. Fa un caldo porco oggi! Altro che la temperatura che abbiamo trovato all’Arpiglia! La cima non è lontana e la cresta è li invitante che ci guarda, ma anche se ci mettessimo meno di un’ora a salire sarebbe sempre troppo. Arrivare fin quassù ci abbiamo impiegato circa 4 ore. E non perché sono polenta io. O meglio, io lo sono sempre ma lo sviluppo del sentiero è notevole tant’è che le relazioni trovate in giro parlano di 4 ore per la salita. In estate.
Piccola discussione se il caffè lo facciamo qui o vicino al bivacco.
Si, perché ci siamo accordati per farci un caffè in cima. Ma un caffè vero! Io moka e caffè, Giuliano fornello e acqua. E si prepara il caffè. Mentre il fuoco è acceso (grazie alla Silvia che ha sempre un accendino nello zaino perché non si sa mai ci sono i Nano della situazione che lo lasciano a casa) ci mangiamo il resto della torta e poi ci gustiamo uno splendido caffè! Cavolo! Ti rendi conto della differenza solo quando la provi :)
E poi è stato divertente: noi 2 soli soletti, neve, monti e sole intorno, a preparare la moka come essere a casina :)
Poi scendiamo al bivacco. Quella panchina li ci ha ingolosito parecchio e ci spaparanziamo a prendere il sole e a chiacchierare. Il tempo passa e noi manco ce ne accorgiamo fino a che guardiamo l’orologio di Nano: le 15 e 44 … GULP! Ma è tardissimo!
Ci prepariamo in fretta, guardo io il mio altimetro … MA SONO LE 14 E 44!!!
Hi hi hi … ancora imbrogliati dall’ora legale ci ridiamo sopra e iniziamo la discesa.
Non si sa chi ha preso la decisione (mi sa che anche questa volta le idee sono comuni) e pensiamo di scendere, con un parziale anello, dall’Alpe Granda.
Andiamo. Ci sono delle tracce che portano in cresta. Ovviamente le seguiamo, come dire di no ad una cresta?
Ci sono altre tracce laggiù che però non capisco bene se sono peste umane ma noi seguiamo “quel sciur chi” che sicuramente ci porterà alla Granda.
Saliamo. Sali scendi. In cresta. Saliamo. E poi le tracce spariscono mentre siamo a mezzacosta. Ma dove diavolo è andato “sto sciur chi”? Vabbeh, decidiamo di risalire in cresta per capire dove siamo. Su. Riiiiiipido! Ma con i ramponcini davanti delle ciaspole si sale bene. Qualche indecisione sui traversi ma siamo in cresta. Cha favola! Qui sembra davvero inverno. C’è una conca sotto di noi piena di neve. Magnifico.
Solo che.
Proseguiamo in cresta fino a che la cresta finisce.
Si. Finisce. Giù non si va. La in fondo non si vede ‘na mazza.
Ecco. Dobbiamo ammettere che abbiamo sbagliato strada.
Hi hi hi … a discolpa soprattutto di Nano devo dire che in questo posto specifico non c’era mai stato per cui non lo conosce e io men che meno.
Poco male, si torna. Solo che scendere da dove sono salita non è poi cosi bello. Mi tolgo le ciaspole e pian pianino scendo. Alla fine non è stato poi neppure cosi tragico. Torniamo all’ultima baita, quella dove abbiamo preso la decisione di andare per l’Alpe Granda e qui ci rendiamo conto di una cosina: abbiamo circa un’ora di luce e un’ora e mezzo di strada per scendere. Di cui l’ultimo pezzo in quel bosco buio. Con la strada non proprio facilissima da individuare.
Nano propone di scendere fino all’ultimo traverso che porta all’Alpe Granda (ancora lei, si!) e poi di proseguire per li. Il signore del mattino ci ha detto che dalla Granda scende una strada, ci passano con i trattori e al buio sarà meno problematico.
Sono perplessa. Quest’Alpe ci ha già fregato una volta e non vorrei che il traverso ci imbrogli ancora.
Nano insiste: al buio è più pericoloso fare il bosco.
Continuo a rimaner perplessa. Perché io la frontale nello zaino ce l’ho, la porto sempre con me, e ho dato per scontato che anche Nano ne abbia una.
Finalmente capisco che invece lui non ce l’ha e non sa che io ce l’ho.
Chiarito l’equivoco, concorda con me di tornare da dove siamo venuti, ma veloci …
Si … veloci. Tra la neve che nel bosco diminuisce e rende tutto più scivoloso e la stanchezza che ormai si fa sentire la mia velocità è davvero relativa. Ma tanto può la suggestione che riusciamo ad essere fuori dal bosco che ancora c’è un po’ di luce. Poi abbiamo un pezzetto di strada ma non essendoci più il fitto degli alberi il buio non è cosi nero e riusciamo ad arrivare alla macchina senza prendere la frontale. Però non mi vedevo più la punta degli scarponi :D
A casa di Nano arriviamo poco dopo le 7. Siamo stanchi ed è già pronta la cena :-) Poi sistemiamo gli zaini, scarichiamo le foto, giochi con le bimbe, casa, Isi, posta, doccia, nanna …
Alla prossima!
Le foto sono di Nano e mie amichevolmente mischiate
Quota partenza: 1.400
Quota arrivo: 2.395 m
Dislivello, secondo il mio altimetro: 1.225
Tempo totale di marcia comprensiva di soste e foto: 9 ore. Da togliere un paio d’ore tra la mega sosta e la “deviazione” per cresta.
15 novembre 2009
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