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05 novembre 2007

Groppera – Cresta della Fortezza / 3-4 Novembre 2007

Quasi Groppera …. ma andiamo in ordine.

Voglio andare a dormire in un locale invernale o in bivacco in questo ponte di novembre.
2 gg li e uno da spendere con Andrea nella bergamasca. Andrea pero’, come a volte fa, mi prende in contropiede e si autoinvita alla mia 2 gg se cadono in sabato e domenica.
Si sa, io mi adatto, cambio per cui il mio programma e vado in giornata il primo e i 2 gg li sposto al we.
Dove andare.
Ad Andrea non posso proporre le mie mete che sono soltanto con lo scopo di provare a vedere
com’è la sera/notte autunnale in bivacco per cui si cerca qualche cima.
Tra le mie preferenze c’era il Rifugio Chiavenna. Ovviamente viene fuori il Pizzo Stella.
Rimango un po’ perplessa: ha nevicato e se la neve è poca io vado piu’ in crisi.
Andrea pero’ si informa: solo una spolverata ….
Va bene, portiamo piccozza e ramponi e poi vediamo. Gli dico chiaramente che l’obiettivo è l’esperienza nel locale invernale per cui, se non saliamo lo Stella, va bene lo stesso. Mi dice che va bene.
E poi, mal che vada, saliamo sul Groppera.

Apro una parentesi: la salita dalla cresta l’avevo messa in cantiere un paio di anni fa, anzi, Bruno me l’aveva proposta. Ora, Bruno è simile a me come scala di difficoltà, quindi mai mi sarei immaginata quello che è poi successo.
Chiusa la parentesi.

Arriviamo a Motta con molta calma. Lo zaino pesa. Saliamo al rifugio con altrettanta calma, fermandoci a parlare con una coppia della Valle d’Aosta.
Appena vedo lo Stella mi prende un groppo in gola: è bianco! Inizio a temere che la salita non avverrà, almeno non in questa occasione.
C’è parecchia gente che sta rientrando e non mi aspettavo tutta sta ressa, tenuto conto che il rifugio è chiuso (Andrea si era pure informato su questo!)
Ormai quasi arrivati chiedo ad un gruppo di ragazzi se c’è ancora tanta gente. No, mi rispondono, solo una decina del CAI che stanno lavorando al rifugio ... Ops ...
Mi giro con aria interrogativa verso Andrea che mi conferma quello che gli ha detto il gestore.
Una ragazza del gruppo interpreta male i nostri sguardi e ci avvisa, con aria alquanto preoccupata, che il rifugio è chiuso.
“Si si, lo sappiamo, grazie” rispondiamo entrambi, tenendoci per noi il commento “e’ per questo che ci andiamo”.
Arriviamo. Non c’è traccia dei 10 CAIni, per fortuna.
Io faccio la mia bella figuraccia cercando l’entrata dell’invernale, provo le scale ma niente, non trovo l’ingresso. Era nella parte piu’ ovvia e lo scopre per primo Andrea: il vano dove si mettono gli scarponi a rifugio aperto è adibito a locale invernale con 2 letti a castello di 3 posti.
La domanda è: ma quando il rifugi apre solo i we, il locale invernale non lo preparano per la settimana? Quando ero stata li l’ultima volta ho visto i ragazzi chiudere il rifugio ma di certo non hanno portato giu’ i letti!

Piccola nota dolente.
Torno dal torrente a cui mi ero recata per prendere l’acqua e vedo un ragazzo che butta via la buccia della mela porprio li, nel prato antistante il rifugio.
Sorrido mentre dico, con tono che per me doveva essere tra il serio ed il faceto: Ah ... no, ma cosi non si fa!”.
Il ragazzo si gira e con aria stupitissima mi dice: Ma e’ biodegradabile! E io ho sempre fatto cosi!
Beh, lo sai quanto tempo ci vuole a degradare?
Non risponde a me direttamente ma al suo amico che la buccia fa bene alla terra ….. gia’, un alpeggio a 2000 e passa metri con tante bestie d’estate ha bisogno dei nostri rifiuti organici per concimarsi. Oltretutto rifiuti non sotterrati. Questa è la piu’ originale delle scuse che ho fin’ora sentito.
Si è offeso, ma non è colpa mia se, biodegradabile o no, la persona che viene dopo di lui si ritrova a mangiare con le sue bucce sotto il naso.
Il fatto che poi, tempo un paio di settimane li è tutto coperto dalla neve non giustifica ancora il gesto.
Ma come si puo’ fare a far capire che il biodegradabile non è sinonimo di pulizia?
Chiusa piccola nota dolente.

La serata passa tranquilla, si leva il vento e ci rintaniamo nel rifugio. Mentre cucino Andrea mi legge l’avventura della prima salita al Monte Disgrazia e ci facciamo 4 risate per l’humor inglese.

Non è male l’esperienza del locale invernale. La cosa che piu’ non mi aspettavo è il buio. Tanto siamo abituati che dipendere solo dalla frontale per la luce è abbastanza stano.
Esco a vedere le stelle prima di coricarmi. Non c’è la luna e la stellata è davvero favolosa.
Poi nanna.

Suona la prima sveglia alle 6. Andrea esce e torna raccontandomi dettagliatamente tutto quello che ha visto. Riassumendo: vento e nuvole che corrono coprendo lo Stella.
Per farla breve, decidiamo per il Groppera e per la cresta.
Arriviamo al punto dove secondo me si puo’ salire ed attacchiamo, zaini pesanti al seguito, il ripido pendio che ci porta in cresta senza troppi problemi.

E da li vediamo la cresta.

Massoni di gneis, e poi ancora massoni, e poi la spolverata bianca sui massoni ….. accipicchia!
Vabbeh, iniziamo la salita. Il primo tratto non è particolarmente faticoso, ma forse è solo perché siamo ancora freschi. Alla fine sono 600 e passa metri che, scopriremo sulla nostra pelle, sono tutti cosi. Il percorso non è segnato ma ti devi trovare il passaggio da solo mantenendoti sul filo di cresta.
Circa a meta’ c’e’ un ometto gigante. Mi rincuoro pensando che da li in poi l’itinerario sarà segnato o almeno piu' agevole.
No.
Continuo a cercare la via migliore di salita, Andrea ogni tanto mi da il cambio, ma il tempo passa e perdiamo un sacco di tempo ... con lo zaino pesante sulle spalle.

Un po’ di tempo prima dell’ometto ho concordato con Andrea un punto della situazione a mezzogiorno. E’ invece quasi l’una quando mi siedo togliendomi lo zaino non dopo aver sbottato qualcosa nei riguardi di Andrea che, per fortuna, si tappa le orecchie quando mi sfogo.
Sono stanca. La cima è ancora lontana, il percorso non è piu’ agevole, anzi!
La funivia che vedevano passare (a cui Andrea voleva affidarsi per il rientro) era probabilmente in moto solo per prova o per ragioni di servizio e ora non funziona piu’.
La cima è ora coperta da questa nuvolaglia che va e viene da tutta mattina.
Il vento a raffiche è forte e freddo.
Si prende l’amara decisione ci si ferma qui, a quota 2.800. Mancano circa 150 m alla cima.

Mangiucchiamo qualcosa e poi si scende.
La crisi che ho avuto, oltretutto solo nell’ultima parte della discesa (la prima pietraia che abbiamo salito) e’ spiegabile solo dalla tensione, dalla stanchezza, dalle condizioni meteo che facevano si che le folate di vento mi investivano piu’ violente quando ero sul filo di cresta (un paio di volte mi ha davvero fatto perdere l’equilibrio, grazie anche allo zaino pesante.)
Comunque, tutto bene in discesa fino a che non abbiamo incontrato l'ultimo tratto di pietraia (il primo in salita, quello con i massi belli stabili ed il percorso non troppo faticoso .... ). Li non sono piu’ riuscita a trovare i passaggi del mattino. Tutto mi portava su massi instabili o sulle tracce di neve e ghiaccio.
Mi sono sfogata un po’, Andrea ha sopportato stoicamente il mio malumore, nonostante fosse ormai abbastanza stremato pure lui.
Fine della pietraia.
Ma non della discesa. E’ ancora lunga arrivare alla macchina. Abbiamo ravanato ancora e alla fine siamo scesi per una pista di discesa.
Dall’alto vediamo il parcheggio. Andrea mi fa notare che ci sono solo 2 macchine: la nostra ed una bianca.
E’ duro arrivare giu’. Siamo stanchi e provati. Un’esperienza che ci fara’ riflettere. Quando c’è una spruzzata di neve forse è il caso che 600 mt di dislivello su massoni e roccette li lasciamo li per l’estate successiva. Si perché quella cresta io la devo vincere, anche se in versione estiva ma tornero’ a farla.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Sono Andrea, l'altro protagonista del racconto. Volevo solo aggiungere qualcosa sul come si è conclusa la gita per me. Verso la fine dell'escursione comincio a sentire mal di pancia: penso che non avrò digerito qualcosa. Sulla via del ritorno mi fermo a prendere un tè caldo: penso che mi farà bene. Poi vado in bagno e scopro le vere ragioni del mal di pancia: un ingrossamento nel settore inguinale. Pensiamo sia una contrattura. A metà settimana faccio una seduta di prova in palestra, avvisando che ho una piccola contrattura. Torno a casa e mi fa un male cane. Il giorno dopo un collega che fa palestra mi insinua il dubbio: non sarà mica uscita un'ernia? Vado a vedere su internet e da qualche foto mi convinco che è un'ernia inguinale. Il verdetto del medico lo conferma. Morale: venerdì prossimo mi operano. Ho già una "mezza idea" di come e quando ricominciare a camminare ma non vi tedierò anche con quello....

heliS ha detto...

Auguri!!!!